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Essere previdenti con la previdenza

Tempo di lettura: 5 minuti

Il sistema previdenziale italiano è stato ed è tutt’ora in gravi difficoltà economiche a causa del rallentamento della crescita economica (che ha frenato le entrate contributive) e di un contestualmente e progressivo aumento della vita media della popolazione. Tutto questo ha fatto si che l’INPS, ente preposto al pagamento delle pensioni, si sia trovato costantemente di fronte ad una situazione insostenibile con meno soldi per pagare le pensioni e con un aumento del numero di pensionati e della durata delle pensioni.

Per far fronte a questa situazione, sono state attuate una serie di riforme tutte orientate a riportare sotto controllo la spesa pensionistica. Fra queste il cambiamento strutturale apportato con la Legge Dini del 1995 (Legge 335 del 1995) ha determinato il passaggio dal calcolo pensionistico RETRIBUTIVO all’attuale e sempre utilizzato sistema CONTRIBUTIVO.

L’applicazione del metodo di calcolo attuale implica che ogni lavoratore si ritroverà, a fine carriera, una pensione che sarà determinata da una serie di variabili quali:

  • il livello di contribuzione personale effettuata negli anni;
  • il numero di anni di contribuzione;
  • la variazione del PIL durante gli anni di versamento;
  • la speranza di vita media nel momento di accesso alla pensione.

 

Ciò significa che la pensione di ognuno di noi è soggetta a variabili di carattere economico, politico e demografico che, nel lungo termine, potrebbero variare e di conseguenza modificare di molto la nostra condizione di neo pensionato. E’ certo che il metodo CONTRIBUTIVO ha ridotto enormemente l’importo delle future pensioni creando un notevole gap fra ultimo stipendio e pensione percepita.

In gergo tecnico è diminuito il TASSO DI SOSTITUZIONE

 

TASSI DI SOSTITUZIONE – Le Stime

Il Governo italiano, nel lontano 1995, supportava la riforma pensionistica con le stime del Tasso di Sostituzione. Le stime si basavano su soggetti che iniziavano a lavorare a 24 anni, che sarebbero andati in pensione alla prima età utile, con contribuzione variabile e un pil medio di periodo stimato pari all’1,5%. Nella nostra tabella abbiamo preso due lavoratori di età molto diversa così da evidenziarne le differenze.

 

Vogliamo però ricordare che le stime sono influenzate dal Pil, dalle retribuzioni e dall’inflazione, che sono variabili che si modificano nel tempo. L’Istat, durante il periodo di approvazione della Legge Dini, prevedeva un PIL reale, per gli anni a venire, pari all’ 1,5% medio annuo ma la realtà purtroppo è stata ben diversa e, ad esempio, nel periodo di crisi economica 2008 – 2014 abbiamo assistito addirittura ad un PIL reale con valori negativi:

 

Le cose non non sono andate meglio sul versante delle retribuzioni individuali che da tempo crescono poco (meno dell’1,51% previsto nell’ormai lontano 1995) e con modestissime prospettive di crescita nei prossimi anni. Tale stagnazione, di fatto, ha diminuito l’importo contributivo versato da parte del singolo lavoratore.

Fatto il quadro, possiamo facilmente comprendere come i nodi arriveranno al pettine fra qualche decina d’anni, quando andranno in pensione i primi lavoratori a cui si applicherà il calcolo contributivo puro.

Ognuno di noi ha un’unica soluzione: colmare il gap tra stipendio e pensione usando la previdenza integrativa.

Questo concetto è più facile a dirsi che a farsi perchè, quando c’è un’esigenza, si creano dei prodotti. Dietro i prodotti ci sono le aziende che vogliono ottenere dei guadagni. Le aziende utilizzano dei venditori per pubblicizzare e sponsorizzare il loro prodotto insensibili ai danni economici che possono creare.

 

Come devi procedere per evitare spiacevoli sorprese

La prima cosa da fare è verificare la tua posizione contributiva attraverso il sito INPS e verificare il potenziale tasso di sostituzione della tua pensione futura. Fatto ciò ti troverai di fronte a due quesiti:

Quanto devo risparmiare per integrare la mia pensione pubblica?
Che strumento utilizzo per costruirmi la pensione?

 

In poche parole dovrai organizzare la strategia migliore senza avere fretta spendendo del tempo utile per assumere informazioni e organizzare un programma che durerà moltissimi anni non faranno la differenza sul risultato finale.

I punti fissi, da tenere ben in mente, per pianificare la propria strategia sono 5:

 

1 – Quanto capitale devo accumulare

Come dicevamo in precedenza, la pensione che riceverai sarà basata su un tasso di sostituzione.

Perciò, per arrivare al 100% del tuo ultimo stipendio e mantenere il tuo tenore di vita, devi calcolare quale dovrà essere il capitale che ti permetterà di ricevere una rendita tale da colmare la differenza mancante.

 

2 – Quanto posso versare

Il tuo secondo passaggio è quello di valutare quale sia il versamento teorico mensile/trimestrale o annuo adeguato per raggiungere il tuo obbiettivo, ricordando che l’interesse composto ti aiuterà a raggiungere il capitale determinato nel punto precedente.

Una vota stabilito il quantitativo di contribuzione aggiuntiva necessario devi verificare se sia sostenibile con il tuo reddito personale. Qualora l’importo del versamento teorico fosse troppo elevato rispetto al reddito percepito dovrai adeguare e modulare i tuoi parametri. Ovviamente il tempo è una componente favorevole, se non determinante, per raggiungere il tuo obbiettivo con minori sacrifici economici. Più tempo hai a disposizione e più basso è il contributo mensile necessario per raggiungere il capitale obiettivo.

Più tardi inizi il tuo piano previdenziale integrativo, maggiore è lo sforzo contributivo che dovrai sostenere.

 

3 – Quanto tempo ho per costruirmi questo capitale

Come abbiamo detto, prima cominci e più tempo hai per accumulare il tuo capitale. Non dimenticare che la lunghezza del tuo orizzonte temporale determina anche il tipo di strategia d’investimento che puoi mettere in atto. L’economia si muove per cicli, il che significa che l’andamento dei mercati finanziari avrà delle oscillazioni in positivo e in negativo. Se il tuo orizzonte temporale è breve, non ti potrai permettere di gestire grosse oscillazioni, perché rischieresti di subire perdite difficili da recuperare in tempo. Al contrario, se cominci presto, un eventuale anno negativo può essere adeguatamente assorbito e recuperato nel corso del tempo. Più lungo sarà l’orizzonte temporale del tuo piano e maggiore potrà essere la componente azionaria utilizzata, quanto maggiori potrebbero essere i tuoi rendimenti medi annui al termine del piano.

Maggiori sono i rendimenti e maggiore sarà il montante finale. Maggiore il montante maggiore la rendita.

 

4 – I vantaggi fiscali che ottengo e quanto incidono sulla mia pensione

Per incentivare l’utilizzo di forme pensionistiche integrative, lo Stato ti permette di dedurre i contributi dalla dichiarazione dei redditi, fino ad un massimo di 5.164 € annui.

L’altro vantaggio fiscale riguarda le tasse che si pagano al momento di fruizione della pensione.

Quando andrai a ritirarla, dovrai pagare altre tasse, in quanto il capitale e gli interessi che maturi vengono equiparati a delle rendite finanziarie. Le rendite finanziarie, in Italia, vengono tassate al 26%, per incentivarti, la legge prevede una tassazione agevolata del 15% per tutti gli strumenti previdenziali che potrà essere ridotta di uno 0,30% per ogni anno d’iscrizione successivo al 15esimo fino al raggiungimento di una tassazione finale minima del 9,00%. (cioè 0,30% per 20 anni).

Tradotto in anni, stiamo parlando di contribuire per 35 anni di fila per avere il massimo risparmio fiscale.

Anche in questo caso possiamo capire come la durata contributiva sia un fattore determinante per l’efficacia del piano.

 

5 – Porre attenzione ai costi dei prodotti. Più spendo e meno capitale avrò.

Qualora tu sottovalutassi l’incidenza dei costi annui di gestione, e non solo quelli, commettereste un errore grave ma sopratutto costoso.

Tali costi variano da uno 0,6% medio annuo applicato dai fondi negoziali ad un 1,4% medio per i fondi pensione aperti per arrivare al 2,6% medio per i Piani Individuali Pensionistici (PIP).

 

Sottovalutando questo aspetto corri il rischio che i benefici della previdenza complementare siano pesantemente decurtati –e in taluni casi persino annullati agevolando unicamente un aumento dei ricavi degli intermediari finanziari. Ti porto un esempio: sull’’orizzonte di 30 anni i costi di gestione dei fondi aperti riducono i risultati di circa 24 punti percentuali. E’ del tutto inutile fare attenzione alla fiscalità e ai possibili rendimenti se contestualmente non controlli attentamente il costo dei prodotti.

 

Affrontati i punti precedenti adesso resta da scegliere quale tipo di strumento utilizzare fra quelli elencati:

  1. Fondi Pensione Chiusi
  2. Fondi Pensione Aperti
  3. Piani Individuali Pensionistici (PIP)

o perché non un PIR.

Strumento questo non riconosciuto dalla normativa come strumento previdenziale, ma che, in alcuni casi particolari, potrebbe ben adattarsi.

Ma questo sarà tema del prossimo appuntamento…

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