Potremmo definire il tema di questo articolo “filosofia della finanza”, se non fosse che la parola “filosofia” per molte persone è più o meno un sinonimo di “chiacchiere inutili”.
Si tratta, al contrario, di un tema fondamentale, assolutamente centrale per chiunque si approcci alla finanza. Non si può lavorare seriamente in finanza senza aver dato una propria risposta approfondita a questo tema: è possibile prevedere l’andamento dei mercati finanziari?
Cosa intendiamo per “prevedibile”?
E’ necessario, preliminarmente, definire con maggiore precisione cosa intendiamo con il termine “prevedibile”. Un mercato finanziario si può definire prevedibile se riesco a fare previsioni riguardo alla variazione dei prezzi di quell’attività finanziaria in un determinato arco temporale che risultano affidabili in una percentuale di casi che hanno rilevanza statistica.
Proviamo a tradurlo in modo più comprensibile.
Immaginiamo che sulla base di alcuni calcoli affermi che: “Nei prossimi x periodi i prezzi diminuiranno/saliranno di almeno x%”. Poiché è normale che le variazioni dei prezzi delle attività finanziarie oscillino entro un certo valore è ovvio che la variazione che stimo, affinché sia statisticamente significativa, debba essere superiore a questa fascia di oscillazione. Inoltre affinché questa prevedibilità sia statisticamente rilevante il numero di previsioni che devo realizzare deve essere molto ampio: almeno migliaia di casi e la percentuale di previsioni corrette deve essere molto superiore a ciò che potrei fare facendo previsioni a caso (per il noto principio che anche un orologio rotto segna due volte al giorno l’ora corretta).
Un corollario di questa ipotetica forma di prevedibilità è la possibilità di fare profitti sfruttandola. Sono due cose logicamente distinte (cioè vi può essere un certo grado di prevedibilità che però non consente di guadagnarci sopra) ma molto vicine.
Sono stati scritti centinaia di paper per dimostrare o meno la così detta “efficienza” dei mercati finanziari proprio attraverso simulazioni di trading system (cioè sistemi automatici di compravendita) sulla base delle variazioni passate dei prezzi. Se questi modelli automatici di compravendita producevano, nelle simulazioni sui prezzi passati, profitti allora si deduceva che i mercati non erano efficienti e viceversa.
Argomenti contro la prevedibilità dei mercati finanziari
Durante i primi anni dei mie studi sui mercati finanziari (parliamo ormai, ahimè, di oltre 15 anni fa) sono stato un forte sostenitore della tesi, allora ancora più prevalente di oggi nel mondo accademico, della così detta efficienza dei mercati finanziari (almeno nella forma debole). Uno degli argomenti che maggiormente mi convinceva era che, almeno per la grande maggioranza del tempo, le variazioni dei prezzi delle attività finanziarie sono compatibili con un andamento casuale. (Attenzione: il fatto che siano compatibili non significa che lo siano!). Nei primi anni 2000 tenevo frequentemente seminari e corsi principalmente per promotori finanziari e mi divertivo a stupire l’uditorio con qualche “effetto speciale”.
Avevo costruito con un foglio di calcolo un simulatore di mercati finanziari che costruiva dei grafici sulla base di variazioni del tutto casuali.
I grafici che venivano fuori erano molto spesso indistinguibili da quelli reali. Spesso mi divertivo a chiedere all’uditorio se riconoscessero in un determinato grafico il mercato che rappresentava ed il periodo. Invariabilmente avevo una grande risposta dall’uditorio che riconosceva mercati e periodi reali. Il bello era che avevano ragione! Rimanevano poi molto delusi nel constatare che bastava schiacciassi un tasto ed il computer generava altri grafici, magari simili ad altri mercati ed altri periodi.
Il dato di fatto è che le variazioni dei prezzi delle attività finanziarie sono compatibili con un andamento casuale, almeno per la grande maggioranza del tempo.
Purtroppo, la mente umana tende ad aver molta difficoltà a gestire il concetto di “andamento casuale” (così come tutti i concetti di statistica e forse ancora più in generale di numeri… la nostra mente è fatta per gestire storie, racconti, associazioni, non dati). Uno degli altri “effetti speciali” che mi divertivo a fare quando tenevo corsi sulla finanza era la simulazione di un lancio di monetine.
Distribuivo un pezzo di carta ad ogni partecipante con una ventina di quadratini. Chiedevo di simulare nella propria mente venti lanci di una monetina e scrivere nei quadratini una “X” nel caso in cui ipotizzavano che fosse uscita “croce” ed una “O” nel caso in cui ipotizzavano che fosse uscita testa. Poi consegnavano loro una moneta ed un foglio identico e chiedevo di effettuare 20 lanci reali in mia assenza e trascrivere il risultato sia nel foglio identico agli altri che in un foglio che avrebbero conservato per la riprova. Così uscivo platealmente dalla sala ed attendevo che mi chiamassero quando avevano finito i venti lanci reali. Quando rientravo chiedevo a qualcuno di ritirare tutti i fogli e mescolarli senza che io potessi sapere quale fosse il foglio contenente il risultato del lancio reale.
Nella grande maggioranza dei casi riuscivo a selezionare il foglio contenente il lancio reale. L’uditorio si stupiva di questa mia capacità, ma subito spiegavo “il trucco”.
Il fatto è che tutti noi, se dobbiamo ipotizzare un andamento casuale, tendiamo a bilanciare gli eventi possibili in modo abbastanza equo. Ma il caso non funziona così. Una tipica sequenza immaginata di lanci di monetina era questa: “XOXOXXOOXOXXXOOOXOXO”. Questa sequenza è chiaramente regolare e frutto della mente. Provate a lanciare 20 volte una monetina: è quasi impossibile ottenere una sequenza del genere. Il caso è molto più… casuale. Produce cose del tipo: “XOOOOXOOXXXXOXXOOOXO”. In sostanza la ripetizione dello stesso evento avviene molto più frequentemente di ciò che la mente ipotizzerebbe.
Paradossalmente la nostra mente tende ad immaginare che se un evento si è ripetuto più volte, come nella seconda sequenza, questo non può essere un caso, mentre percepisce più come casuale una sequenza come la prima.
Per questa ragione la maggioranza degli accademici ritiene che tutte le analisi così dette “tecniche” dei grafici di borsa siano, di fatto, tempo perso. La grandissima maggioranza di quelle variazioni sono, di fatto, compatibili con un andamento casuale ed il significato che la mente tende ad attribuirvi potrebbe essere nient’altro che una mera illusione.
L’argomento probabilmente più convincente a favore della non prevedibilità dei mercati finanziari è il fatto che la grandissima maggioranza di chi prova a battere il rendimento medio del mercato, al netto dei costi, non ci riesce. Quei pochi che ci riescono, ancora una volta, sono in un numero statisticamente non probante.
Questi sono fatti incontrovertibili. Che qualcuno riesca a battere il mercato è ovvio e statisticamente necessario. In qualsiasi gioco a somma zero c’è qualcuno che vince e qualcuno che perde. Il punto è che mediamente i gestori fanno molto peggio del mercato.
L’argomento che parrebbe essere però il più “definitivo” è questo: se i mercati finanziari fossero prevedibili questa prevedibilità verrebbe sfruttata da qualcuno per farci soldi e scomparirebbe proprio grazie all’attività di questi operatori.
Argomenti a favore della prevedibilità dei mercati
Se non vi sono dubbi sul fatto che le variazioni dei prezzi delle attività finanziarie siano statisticamente compatibili (almeno per la maggioranza del tempo) con un andamento casuale non vi è, ugualmente, alcun dubbio sul fatto che NON lo siano nella realtà. Sono frutto dell’azione di miliardi di scelte di operatori finanziari (sempre più spesso di software).
Questi operatori finanziari si influenzano reciprocamente e sono influenzati dalle notizie e dagli eventi che accadono. Il loro agire potrà anche apparire casuale, ma certamente non lo è.
Numerosi studi hanno dimostrato un certo grado di prevedibilità statistica nelle variazioni, sia di breve che di lungo termine, dei prezzi.
Il fenomeno del “ritorno verso la media” ad esempio, ci dice che quando il prezzo di un’attività finanziaria si discosta in maniera significativa da una sua media storica è prevedibile che in un arco di tempo sufficientemente grande tenda ad invertire la direzione e tornare verso la media.
Nel breve termine, invece, si osserva il fenomeno della “persistenza del trend”. Quando un’attività finanziaria prende una direzione (cioè sale di prezzo per più periodi rispetto a quando scende, o viceversa) tende a mantenere quella direzione nel breve periodo (è l’altra faccia della medaglia del “ritorno verso la media”). In altre parole si può osservare abbastanza chiaramente che i mercati finanziari tendono ad avere dei cicli. Questi cicli non sono qualcosa che si possono descrivere in maniera statisticamente inconfutabile. Come già detto nel paragrafo precedente, le variazioni dei prezzi delle attività finanziarie, per larghi tratti, hanno caratteristiche compatibili con un andamento casuale. Ciò significa che tutte le teorie dei cicli restano teorie, qualcosa di più vicino ad un lavoro “artigianale” che scientifico. Ci si può credere o non credere, ma non si potrà mai avere una evidenza inconfutabile.
Non vi è dubbio, invece, che in alcune fasi le variazioni dei prezzi abbiano andamenti statisticamente inspiegabili. Questo accade se si vuole applicare ai mercati finanziari delle leggi statistiche che si applicano a fenomeni fisici, come il moto di particelle elementari, le variazioni di misure di una popolazione (altezza, peso, anni di vita, ecc.). Nei mercati finanziari gli eventi distanti dalla media (cioè le variazioni di prezzo con un’ampiezza superiore a quattro o cinque volte la variazione media) accadono in modo molto più frequente rispetto a ciò che accade in natura ed inoltre questi eventi accadono in maniera concentrata, potremmo dire “a grappolo”.
Questo è un dato di fatto che pesa sul piatto della bilancia a favore della prevedibilità dei mercati finanziari ed è ciò che sta alla base dei fenomeni di “ritorno verso la media” e “persistenza del trend”.
Il fatto che la grande maggioranza dei gestori non riesca a battere i mercati non significa che, in astratto, non si possa fare. Conferma che è qualcosa di altamente improbabile, ma non è una prova definitiva a sfavore della prevedibilità.
Infine, l’argomento, apparentemente schiacciante, che si può riassumere così “se i mercati fossero prevedibili l’agire degli operatori eliminerebbe tale prevedibilità”, potrebbe essere letto anche al contrario: se tutti gli operatori fossero convinti che i mercati finanziari sono imprevedibili allora smetterebbero di tentare di battere il mercato rendendolo così inefficiente ed i mercati diventerebbero prevedibili. Un altro paradosso. I mercati, quindi, sarebbero prevedibili tanto più gli operatori li ritengono imprevedibili e viceversa.
Quindi? I mercati sono prevedibili o no?
La questione della prevedibilità dei mercati finanziari è una di quelle domande “filosofiche” che in finanza è fondamentale porsi, discuterne fin nei minimi dettagli, sebbene sappiamo che non troveremo mai una risposta inconfutabile. Non voglio lanciarmi in paragoni troppo azzardati perché sono ben cosciente che i mercati finanziari sono molto meno importanti, ma è un po’ come farsi domande sul significato della vita, sull’esistenza o meno del trascendente, ecc. E’ ovvio che non arriveremo mai a risposte definitive ed inconfutabili su questi temi, ma una riflessione ampia e approfondita determina delle scelte di vita di fondo.
Mutatis mutandis, riflettere sulla prevedibilità o meno dei mercati finanziari dovrebbe aiutarci a scegliere una strategia finanziaria maggiormente compatibile con le proprie opinioni e quindi con le proprie caratteristiche d’investitore. Sebbene sappiamo che il problema non potrà mai trovare una risposta inconfutabile, aver approfondito questo genere di argomenti dovrebbe aiutarci a fare scelte più consapevoli e ragionate. Ad esempio, nessun investitore che ha approfondito questi temi potrebbe mai fare la sciocchezza (commessa dalla quasi totalità degli investitori inconsapevoli) di affidare i propri soldi ai fondi comuni che fanno finta gestione attiva (cioè oltre il 90% di quelli sul mercato).
Dopo molti anni di riflessioni sul tema della prevedibilità o meno dei mercati finanziari negli ultimi 10 anni circa ho mutato le mie prime convinzioni e ritengo che i mercati finanziari abbiano un grado statisticamente rilevante di prevedibilità, sebbene sfruttare economicamente questa prevedibilità sia tutt’altra storia.
Ritengo, altresì, che sia molto più conveniente operare come se i mercati finanziari fossero, di fatto, imprevedibili: ai miei clienti continuo tutt’oggi a ripetere che noi consideriamo i mercati finanziari imprevedibili.
Approfondendo solo un poco la riflessione, possiamo osservare che i mercati finanziari sono un sistema complesso nel quale interagiscono milioni di operatori che si possono raggruppare in “specie” diverse che si contendono il “cibo”, ovvero il “rendimento”. Solo per indicare alcune “specie” diverse possiamo citare fra di investitori istituzionali i fondi pensione, i fondi comuni d’investimento, i fondi sovrani, gli hedge fund, i portafogli diretti di banche, ecc.. Fra gli investitori privati possiamo citare i trader ed i “cassettisti”. Le varie “specie” hanno esigenze e caratteristiche diverse ed interagiscono fra loro e con l’ambiente circostante (andamento dell’economia, andamento dei tassi, disponibilità delle materie prima che influenzano l’economia, cambiamenti tecnologici, cambiamenti delle regole, ecc.) creando un sistema, di volta in volta, più favorevole ad una specie o ad un’altra. Per certi periodi il sistema ha certe caratteristiche, in altri periodi ha caratteristiche diverse. Non ha senso, quindi, pensare ai mercati finanziari come a qualcosa di statico e fare affermazioni che siano valide in generale e per sempre.
Ci sono alcuni mercati finanziari che sono più prevedibili di altri.
Il mercato delle valute, ad esempio, è uno dei più imprevedibili, mentre il mercato immobiliare è più prevedibile. All’interno di un mercato, ci sono fasi diverse. Nei mercati azionari ad esempio, ci sono alcune fasi in cui è più facile fare previsioni che abbiano un grado ragionevole di affidabilità e altre fasi nella quali, praticamente, è come… tirare una monetina.
Conclusioni
I mercati non sono né del tutto prevedibili né del tutto imprevedibili. Hanno un certo grado di “prevedibilità” che dipende in parte dal mercato ed in parte dalla fase nella quale si trova. La questione della profittabilità o meno di queste previsioni è questione diversa che richiama anche altri aspetti dell’operatività nei mercati finanziari. In primo luogo la maggioranza dei gestori di fondi comuni d’investimento ha vincoli e priorità che li portano a fare scelte che non farebbero mai sul proprio portafoglio personale. Inoltre, fare delle buone “previsioni” è una condizione necessaria, ma non sufficiente per guadagnare sui mercati. Ci sono gli aspetti psicologici che sono ancora più importanti e le regole di money management.
Come abbiamo già scritto, uno dei requisiti, a mio avviso centrale, per avere qualche speranza di guadagnare nei mercati finanziari è non avere mai troppa fiducia sulle proprie capacità di prevedere e ricordarsi sempre che il mercato può cambiare da un momento all’altro e le tecniche che fino a poco tempo fa sono state efficaci possono non esserlo più.
Per questa ragione non mi stanco mai di ricordare che è essenziale basare i propri piani finanziari partendo dalle caratteristiche dell’investitore (la sua situazione economico-patrimoniale, i suoi obiettivi di vita collegati ad esigenze finanziarie, cosa vuole fare l’investitore con il suo denaro, che rapporto ha con esso, qual è la sua reale propensione al rischio, ecc.).
Una volta valutati con attenzione tutti questi fattori, allora si può impostare una strategia d’investimento che sia la più compatibile possibile con la propria tipologia d’investitore che dovrebbe includere anche la propria filosofia d’investimento.