Ormai da mesi sentiamo parlare di aumento dell’inflazione. Il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti ha pubblicato il suo rapporto mensile sull’inflazione ieri, 12 maggio, rivelando che l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è aumentato dello 0,8% mese su mese e del 4,2% anno su anno. Il CPI core, che esclude cibo ed energia, è aumentato dello 0,9% mese su mese, toccando il suo valore più alto dall’inizio degli anni ’80 e del 3,0% anno su anno.
Ma su questi dati occorre fare delle opportune considerazioni
I prezzi delle auto e dei camion usati sono aumentati del 10% ad aprile, il loro più grande aumento di sempre e rappresentano il maggior contributo all’aumento complessivo dell’indice CPI. Tale incremento è avvenuto perché la produzione di nuove auto è stata ostacolata da una carenza globale di chip e semiconduttori, che ha portato ad un’offerta relativamente bassa. Contestualmente la domanda di auto è aumentata poiché i consumatori sono tornati ad utilizzare l’auto su base più regolare.
Il costo dei biglietti aerei, altro componente del paniere, è aumentato del 10,2% in aprile e contestualmente anche i prezzi degli Hotel sono aumentati del 7,6%. Tutti vogliono viaggiare di nuovo, creando una domanda sovralimentata mentre moltissime strutture continuano a limitare l’offerta per agire in conformità con le restrizioni Covid imposte dagli stati e le compagnie aeree continuano a limitare il numero di voli giornalieri.
Il seguente grafico mostra l’andamento del dato che tanto sta preoccupando i mercati con e senza i tre principali aumenti.
Il recente aumento dell’inflazione ha a che fare, inoltre, con l’impennata dei costi delle materie prime nelle catene di approvvigionamento che costringe le aziende ad aumentare i prezzi. In aggiunta, negli USA, l’offerta di lavoro diventa sempre più costosa e difficile da acquisire.
In poche parole domanda e offerta sono squilibrate oggi come lo saranno in qualsiasi momento nei prossimi trimestri.
La buona notizia è che le principali componenti dell’indice dei prezzi al consumo, come gli affitti (0,2%), le cure mediche (0,1%), hanno mostrato aumenti molto più moderati con addirittura l’indice energetico che è diminuito, scendendo dello 0,1%.
E’ assai probabile che nel breve-medio termine si assista ad un ulteriore rialzo dell’inflazione, ma è molto realistico pensare che l’inflazione a lungo termine rimarrà ragionevolmente contenuta.
Quello che stiamo osservando su tariffe aeree, prezzi delle auto usate e degli hotel e molto altro ancora non durerà, tutto tornerà lentamente alla normalità. La domanda di viaggi tornerà a livelli pre-covid. Gli orari e la capacità dei voli aumenteranno man mano che le restrizioni alla mobilità imposte dallo stato diminuiranno. La carenza globale di chip e semiconduttori terminerà entro la metà del 2022, con il ripristino delle catene di approvvigionamento e il settore auto ne beneficerà.
Il riavvio alla vita e la Grande Riapertura dell’economia crea interruzioni dell’offerta che alimentano l’inflazione ma col tempo questi effetti andranno ad auto-correggersi.
Fenomeni simili si sono verificati in uscita dalla recessione del 2008, anche se su una linea temporale più allungata. Già in quel periodo l’inflazione dopo un forte incremento si è mitigata, poiché hanno prevalso i repressori a lungo termine, come la globalizzazione e la tecnologia.
Wall Street è, come al solito, inutilmente miope e scatena ondate di vendite dimenticando che nel prossimo decennio, la tecnologia trasformerà e ridefinirà tutto ciò che riguarda il nostro mondo.
Entro il 2030, guideremo tutti veicoli elettrici semi-autonomi, utilizzando software basato sull’intelligenza artificiale per automatizzare la maggior parte delle nostre attività lavorative, saremo visitati da dottori distanti decine di chilometri da noi, ci affideremo a robot per pulire le nostre case, faremo acquisti online di prodotti che ci verranno consegnati da flotte autonome e magari pianificheremo le vacanze nello spazio …
Questo è il futuro.
Per il momento, Wall Street lo ha completamente dimenticato.