Può apparire eccessivamente enfatico, ma la notizia di ieri ha tutto il potenziale per essere considerata la notizia di gran lunga più importante del secolo: il proprietario di Facebook ha annunciato al mondo il progetto di creare una moneta digitale mondiale chiamata Libra. Il lancio previsto è per la prima metà del 2020. Al momento è stato rilasciato solo un whitepaper con i propositi, le informazioni sono troppo fresche, conosciamo pochi dati per esprimere considerazioni troppo specifiche.
A grandi linee, per i pochi che non avessero già appreso la notizia dai media, non si tratta di una “moneta da investimento” tipo Bitcoin, ma una moneta garantita da asset finanziari il cui obiettivo è quello di avere un prezzo il più stabile possibile così da essere il miglior mezzo di scambio mondiale per tutte le transazioni commerciali. Si sollevano importanti questioni politico/regolamentari: come reagirà la politica davanti ad un progetto che – potenzialmente – metterebbe in mano ad un gruppo di aziende private un potere monetario superiore a quello della più grande banca centrale del mondo?
Stiamo entrando in un territorio totalmente sconosciuto. Una moneta mondiale potenzialmente disponibile a miliardi di persone se – come al momento tutto lascia presagire – verrà realmente realizzata modificherebbe in maniera dirompente gli equilibri macroeconomici mondiali. In un primo momento è probabile che questa nuova moneta diventi lo standard di fatto nei paesi in via di sviluppo. Il primo territorio di conquista di questa moneta sarà quel miliardo di persone che hanno un telefonino, ma non hanno un conto bancario. Si apre un mercato enorme per questa moneta.
Il passo successivo potrebbe essere l’esatto opposto: le grandi transazioni internazionali. Un grande produttore petrolifero Russo ha già manifestato l’interesse a vendere il proprio petrolio in questa valuta enon più in dollari. Qui, chiaramente, interverrebbe la politica perché una cosa del genere toccherebbe equilibri geopolitici pesantissimi. Siamo solo all’inizio di una trasformazione epocale.
Mentre il mondo s’interrogava sugli effetti di questo annuncio, Mario Draghi ha – di fatto – annunciato la possibilità di un nuovo allentamento monetario non escludendo tutto ciò che è necessario per far alzare l’inflazione, per un periodo di tempo, anche sopra l’obiettivo del 2%. Draghi, in sostanza, ha annunciato un nuovo “whatever it takes” questa volta non rivolto a proteggere l’Euro, ma a raggiungere l’obbiettivo di tenere l’inflazione nell’intorno del 2% (ma anche sopra per un congruo periodo).
Questo annuncio – se sarà seguito da fatti concreti – può cambiare lo scenario economico-finanziario di breve. Siamo senza alcun dubbio verso la fase terminale del ciclo economico, ma nel caso in cui sia la FED che la BCE dovessero avviare una nuova fase di allentamento monetario, anticipando la fase di rallentamento economico, potrebbero riuscire ad attenuare di molto la fase negativa del ciclo.
Draghi ha così stabilizzato la politica della BCE anche per il primo periodo dopo il suo mandato. Il nuovo presidente non possa fare cambi di direzione troppo bruschi rispetto alle politiche realizzate durante il suo mandato.
Bisognerà prestare molta attenzione, nei prossimi mesi, a come questo annuncio si concretizzerà in pratica, ma già da adesso possiamo trarre una conclusione generale.
Con questo nuovo livello d’interventismo delle banche centrali non ha veramente più alcun senso tentare di prevedere il momento giusto per investire o non investire.
Dobbiamo prendere definitivamente atto che tutti i rapporti e le regole economico/finanziarie che avevano un senso prima del 2008 , non lo hanno più. Le banche centrali, dotate di risorse monetarie letteralmente infinite, ritengono ormai che faccia parte integrante dei loro compiti manipolare – direttamente o indirettamente – i prezzi delle attività finanziarie a loro piacimento. Qualsiasi dotta argomentazione finanziaria, non ha alcun valore davanti alla volontà delle banche centrali che decidono di non far scendere i mercati o di farli salire.
La lezione che dovremo apprendere, quindi, è quella di essere ancora più rigorosi rispetto a trarre le conseguenze operativi dell’assoluta imprevedibilità dei mercati finanziari. Dobbiamo concentrarsi solo sull’investire attraverso una serie di regole tecnicamente sensate, guidate dai propri obiettivi, ma escludendo alla radice qualsiasi – qualsiasi! – forma di previsione, perché questi ultimi 10 anni hanno dimostrato in modo ormai inequivocabile che tentare di fare previsioni è veramente insensato sia sul piano logico che sul piano pratico!