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Orfani della cedola

Tempo di lettura: 2 minuti

Gli anni ’90 vengono ricordati da molti ragazzi per il Game Boy, per i Take That, per i motorini come il Ciao e il Bravo e magari la serie televisiva Twin Peaks con l’ossessivo claim della campagna promozionale: “Chi ha ucciso Laura Palmer?”.

Molti risparmiatori di ieri e di oggi si ricordano, invece, quegli anni per le generose cedole dei BTP e le facili, o presunte tali, scelte d’investimento e ancora oggi il loro claim è: “Dove si trovano cedole come gli anni ’90?”.

In quegli anni l’Italia, a causa della bilancia commerciale passiva e per contenere la conseguente svalutazione della Lira, si vedeva costretta ad emettere i propri titoli con tassi prossimi al 13% e con picchi del 14% nel 1992. Da quell’anno in poi abbiamo assistito ad una continua discesa fino ai giorni nostri, dove i tassi rasentano lo “zero%”.

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Con un trascorso simile i risparmiatori più anziani, che erano abituati all’investimento semplice e redditizio (anche se non dobbiamo dimenticare l’alta inflazione dell’epoca), già alcuni anni fa hanno cominciato a guardarsi intorno per cercare una valida alternativa agli ormai depressi BTP.

La legge di mercato vuole che quando i consumatori fanno emergere una specifica e forte domanda c’è sempre un imprenditore attento che immediatamente crea il prodotto per soddisfare le loro esigenze facendo business e ovviamente fatturato. Sentendo pressante la richiesta di cedole elevate da parte dei risparmiatori, le società di gestione hanno fiutato il business ed hanno realizzato prodotti che assomigliassero ad un’obbligazione a tasso fisso. Fu così che, nel 2012, cominciarono ad apparire i primi fondi a cedola fissa, prodotto con un appeal commerciale elevatissimo.

E’ proprio la contrapposizione di una figura che cerca spasmodicamente un rendimento cedolare con l’altra che cerca di realizzare profitti dal soddisfare tale richiesta che può far nascere i maggiori problemi. Il palese conflitto d’interesse può, come sempre, generare frequentemente danni al soggetto più debole e meno informato.

L’impresa Finanza, accortasi dello smarrimento dei risparmiatori, ha voluto dargli nuove certezze: una presunta cedola e dei costi sicurissimi.

Noi non vogliamo boicottare la natura del prodotto ma vogliamo bensì sottolineare che il problema sta nel come viene illustrato e venduto. Il bancario o il promotore finanziario tende sempre a comunicare tutti gli aspetti commercialmente interessanti per il cliente, dimenticando di illustrare quei dettagli che, come sempre, fanno la differenza. La prima cosa che dimenticano di spiegare è che cosa s’intende per cedola e il suo funzionamento. Mai e poi mai viene spiegato che il corrispettivo rimborsato una o più volte l’anno non è una cedola ma un rimborso del rendimento accumulato nel periodo o in assenza di questo si tratta del rimborso di quota parte del capitale investito. Se fosse spiegato, ovviamente, tutta l’impalcatura commerciale perderebbe la sua efficacia.

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