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P.I.R.: maneggiare con cura

Tempo di lettura: 2 minuti

I Piani Individuali di Risparmio, cosiddetti P.I.R., sono diventati realtà. Con l’approvazione della Legge di Bilancio 2017 i nostri governanti hanno introdotto questo tipo di strumento già presente in altre nazioni come Inghilterra e Francia.

Come già descritti in un nostro precedente articolo, ricordiamo che il PIR è riservato alle persone fisiche e non giuridiche; oltre a questo i PIR dovranno rispettare una struttura di portafoglio precisa con la conseguenza naturale di veicolare parte del risparmio delle famiglie italiane verso l’economia reale, aiutando così le aziende, anche quelle medio piccole, a trovare risorse economiche attraverso canali alternativi a quelli bancari.

La normativa prevede infatti che almeno il 21% del capitale sia investito in società non presenti nell’indice di Borsa Italiana FTSEMIB ed è facile immaginare che i maggiori beneficiari di questa nuova normativa possano essere le PMI quotate sul segmento di Borsa Italia denominato AIM Italia.

Per fare un po’ di chiarezza vogliamo ricordare che si tratta di un mercato dove sono quotate circa 77 società con scambi e liquidità molto molto ridotti rispetto ai mercati principali ed una capitalizzazione di 2,8 miliardi, lo 0,55% dell’intero mercato azionario italiano. Ci possiamo rendere conto di quanto sia ristretto tale mercato se confrontato con MTA, settore principale di Borsa Italiana, che vanta 260 aziende ed una capitalizzazione di 522 miliardi di Euro o confrontandolo, più opportunamente, al mercato AIM della Borsa londinese che vede quotate ben 3.000 aziende.

Come tutte le leggi, anche quella che regola i PIR ha i suoi pro e i suoi contro. I PIR hanno il vantaggio di poter ottenere l’azzeramento totale dell’imposta del 26% sul Capital Gain e l’esenzione delle imposte di successione e donazione ma, di contro, possono esporre investitori non esperti o superficiali ad una maggiore esposizione verso il mercato azionario italiano e, soprattutto, all’acquisto di azioni di società quotate su un mercato poco liquido e con scambi ridotti.

Come sempre molti intermediari bancari hanno colto l’occasione per creare e promuovere Fondi Comuni adeguatamente strutturati per sfruttare la normativa appena approvata. Non dobbiamo dimenticarci che tutti questi intermediari vorranno essere retribuiti con l’applicazione di commissioni prelevate a vario titolo andando indirettamente ad incidere negativamente sul vantaggio fiscale che verrà di anno in anno ridotto.

Uno dei primi PIR collocati in questo gennaio 2017 è stato Anima Crescita Italia che prevede una commissione di gestione del 1,46% e una commissione di entrata del 4% oltre ad una eventuale commissione di performance pari al 20% del over performance del fondo rispetto al benchmark.

Tutto questo ci fa temere che, come sempre, siano evidenziati i PRO e scarsamente illustrati i CONTRO dell’operazione, al fine di collocare prodotti che possano fruttare lauti incassi alle società di gestione migliorandone i loro bilanci e peggiorando la struttura dei portafogli dei loro clienti.

Terminiamo ricordando al lettore che il P.I.R. può essere un fondo comune, una SICAV, una gestione patrimoniale, una polizza dove il gestore crea il portafoglio rispettando le direttive della normativa, ma udite udite può essere anche un DOSSIER TITOLI (il “VOSTRO conto titoli”), nel quale il risparmiatore colloca gli strumenti finanziari oggetto del PIR, cioè i titoli ammissibili per legge.

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