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Azioni, -10% in pochi giorni: rischio o opportunità? Come smettere di farsi domande senza risposta…

Tempo di lettura: 10 minuti

In pochi giorni molti mercati azionari, fra i quali il principale del mondo, quello nel quale sono scambiate circa la metà di tutte le azioni mondiali, ovvero il mercato azionario USA, è sceso del 10%.

Come sempre accade, gli analisti si dividono in due categorie: coloro che temono che questo possa essere l’inizio di un crollo delle azioni molto più significativo e coloro che ritengono che questo calo sia un’opportunità perché sarebbe solo una salutare correzione di breve termine.

Lo scriviamo subito: noi non ci iscriviamo né al partito dei primi, né a quello dei secondi. Ammettiamo, socraticamente, di sapere solo di non sapere. Come vedremo fra poco, però, quando riusciamo ad uscire, mentalmente, dalla baruffa delle tesi contrapposte, riacquistiamo la libertà mentale per vedere una cosa apparentemente controintuitiva: non c’è bisogno di rispondere a domande senza risposta. Si possono progettare portafogli finanziari molto efficaci sia se il mercato crollerà, sia se questa sarà una correzione di breve termine. Basta cambiare mentalità ed approccio alla costruzione dei portafogli. Ma prima restiamo per poco tempo nella mentalità tradizionale e vediamo perché la domanda è così difficile da rispondere.

 

Crolla o recupera?

William Sharpe è uno dei “padri nobili” della finanza. Una delle ragioni per le quali lo apprezzo molto è che, spesso, usa argomenti così semplici da apparire disarmante. Le persone che hanno realmente compreso pienamente dei concetti anche apparentemente complicati, in genere, li sanno spiegare in modo semplice. In un suo paper del 2009 (“Adaptive Asset Allocation”) scrive un’apparente banalità: “Se io voglio comprare un titolo, qualcuno me lo deve vendere. Se voglio vendere un titolo, qualcuno meno lo deve comprare.” Ciò significa che in ogni momento, sul mercato, ci devono essere ragionevoli argomenti sia per comprare che per vendere. Non è possibile che tutti siano “trend-follower” o che tutti siano “contrarian”, altrimenti non si negozierebbe più.

In effetti, in ogni momento, ci sono buone argomentazioni sia per sostenere la tesi del “recupero”, sia per sostenere la tesi del “crollo”.

In questo momento, coloro che sostengono la tesi del recupero, in genere, fanno riferimento ai fondamentali dell’economia. Le performance dell’economia USA sono molto buone. L’amministrazione Trump ha varato un piano di stimoli fiscali il quale dovrebbe essere ancora più favorevole alle aziende le quali stanno continuando a fare utili che si prevedono comunque in aumento. Questa brusca correzione è vista come la conseguenza di un precedente eccesso opposto di breve termine. Niente di cui preoccuparsi seriamente. Anzi, un’opportunità per chi avesse liquidità da investire.

La tesi opposta sostiene che il mercato USA sia cresciuto da tantissimi anni e si troverebbe in una notevole sopravvalutazione utilizzando indicatori come il CAPE di Shiller. L’argomento – ad avviso di chi scrive – più convincente di questo “partito” è il fatto che i mercati finanziari, notoriamente, non guardano il presente, ma il futuro. Gli argomenti razionali sullo stato attuale di salute dell’economia sono ben poco attinenti alla natura del mercato azionario. Ogni grande e prolungata discesa è iniziata in momenti nei quali si riteneva che tutto andasse bene.

Nei primi mesi del 2008 la crisi finanziaria era agli inizi e vi furono delle prime, brusche, correzioni legate al fallimento di alcune importanti banche d’affari. Gli argomenti a favore di “una salutare correzione di breve termine” erano in tutto simili a quelli attuali, ma poi il mercato è sceso del 50%. Sia chiaro, non sto affatto prevedendo che questo accadrà quest’anno. Sto dicendo che non è razionale escludere questa possibilità sulla base di argomenti legati allo stato di salute dell’economia attuale.

Ci sono decine di argomenti a supporto di una tesi o dell’altra. La questione dei tassi d’interesse giocherà certamente un ruolo fondamentale. A questo argomento sono collegate tutte le questioni sulle politiche monetarie delle banche centrali. La variazione dell’inflazione è chiaramente uno degli aspetti chiave che muoverà queste politiche, ecc. ecc. Non voglio entrare nel merito di questi argomenti. Se si è intellettualmente onesti, si deve ammettere che non ci sono ragioni sufficienti per far prevalere convintamente una tesi o l’altra.

Citando Wittgenstein, mi verrebbe da scrivere che “di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”.

 

C’è un altro modo di vedere le cose

La discussione sul “crolla o recupera” è così accesa perché, in genere, gli investitori hanno un approccio semplicistico: se prevedo che crolli, significa che vorrò vendere, se prevedo che recuperi vorrò acquistare. Ma è necessariamente così? La maggioranza degli investitori tende a sprecare il suo tempo cercando risposte a domande sostanzialmente inutili perché l’unica verità è che non c’è risposta affidabile.

E’ necessario accettare (vorrei scrivere: “fare pace con l’idea”) che l’incertezza è la condizione naturale dei mercati finanziari. 

Ciò non significa che non ci sia nulla da fare, poiché tutto è incerto, allora non ha senso occuparsi della materia. Invece di farsi domande inutili è necessario concentrare la propria attenzione sulle cose che possiamo controllare: quanto tempo, ragionevolmente, pensiamo di poter essere investiti? Quanto capitale abbiamo a disposizione? Che filosofia d’investimento si attaglia più alle nostre caratteristiche? Abbiamo una “visione” sui meccanismi di base che muovono il mercato?

La risposta a queste domande ci aiuta ad inserire la scelta di acquistare o vendere all’interno di una strategia. Questo fa tutta la differenza del mondo.

“Strategia” è una parola abbastanza vaga che può significare un po’ tutto o niente. E’ importante quindi precisare cosa intendiamo per “strategia d’investimento” e perché sia così importante. L’approccio comune del “penso che recuperi, quindi compro” tende ad essere una sorta di scommessa. Se ho ragione vinco, se ho torto perdo. Una strategia invece, oltre a valutare l’ipotesi di aver ragione (sulla singola scelta) analizza anche la possibilità di aver torto e utilizza ulteriori tasselli della strategia affinché comunque il risultato finale, all’interno del ciclo completo di scelte previsto dalla strategia, sia soddisfacente. Magari più o meno soddisfacente, ma sempre in linea con gli obiettivi per i quali la strategia è stata progettata e utilizzata.

 

Strategie opposte possono avere ragione contemporaneamente

La singola scelta può essere ex-post giusta o sbagliata, ma i risultati complessivi della strategia, se questa è ben progettata, non possono essere troppo deludenti. Proviamo ad essere più concreti con un esempio. Sappiamo che il mercato è sceso del 10% in poco tempo, posso scegliere di vendere per paura di un crollo o di acquistare poiché i prezzi sono diventati più convenienti di prima. Entrambe le scelte possono essere corrette ed entrambe le scelte possono rivelarsi poi errate, come singola scelta, ma comunque corrette all’interno della strategia complessiva. Per poterlo comprendere è necessario inserire alcune componenti ulteriori come il tempo, il capitale, la filosofia d’investimento.

Il tempo è un aspetto importante. Prendiamo due circostanze agli antipodi. Ipotizziamo un investitore che tra poco andrà in pensione il quale ha una filosofia d’investimento che sposa il momentum ed ha investito molto sul mercato azionario americano perché aveva un forte trend sul lungo, medio e breve termine (e quindi, ad oggi ha guadagnato molto). Nel momento in cui il mercato corregge e perde il trend di breve termine la sua strategia potrebbe prevedere di uscire dal mercato azionario. Magari poi il mercato riprende, ma per la sua strategia la scelta rimane corretta perché evitare la possibilità di un crollo nel suo caso è prioritario. Avendo una filosofia d’investimento di tipo momentum quello è il principale criterio di scelta che ha per evitare il pericolo.

All’altro estremo ci può essere un investitore giovane con una filosofia d’investimento tendenzialmente più statica che non ha ancora azioni in portafoglio. Avendo tanto tempo nel quale ritiene di poter essere investito, approfittando della brusca discesa, potrebbe scegliere di investire una piccola parte in azioni con la regola di acquistare ancora su un’eventuale ulteriore discesa del 10% e poi ancora su una terza discesa del 10% fino ad una determinata soglia di correzione per poi stare fermo ed attendere il recupero anche per anni.

Entrambe le strategie hanno una logica e possono dare soddisfazioni. Sono però all’opposto come filosofia d’investimento (una trend-following, l’altra contrarian), come tempo a disposizione (uno breve, l’altro lungo termine) e come capitale a disposizione (uno era già investito fortemente in azioni, l’altro era liquido).

Questo esempio è iper-semplificato, ma serve a far comprendere come inquadrando il problema (“crolla o riprende”) all’interno di un contesto più ampio si trovano soluzioni operative senza bisogno di rispondere ad una domanda che – nei fatti – non ha risposta. Ci sono molte strategie d’investimento. E’ utile, quando il portafoglio finanziario lo consente, applicare più strategie, possibilmente ispirate a filosofie d’investimento opposte.

 

Contrarian o trend-following?

Riducendo le cose all’essenziale, come spesso fa la filosofia, abbiamo solo due approcci possibili agli investimenti finanziari:

  1. Compriamo quando il prezzo scende se riteniamo che il titolo abbia valore e vendiamo quando il prezzo sale “troppo” oltre il suo valore.
  2. Compriamo quando il prezzo sale, perché riteniamo che la tendenza in atto continuerà e vendiamo quando la tendenza s’interrompe.

La prima filosofia d’investimento viene chiamata in genere “contrarian” e da luogo ad una serie di strategie d’investimento che spesso vengono chiamate di tipo “value”, o ispirate alla “ricerca del valore”.

La seconda filosofia d’investimento prende il nome di “trend following” (seguire la tendenza) e da luogo ad una serie di strategie che vanno sotto il nome di “momentum” (in senso stretto, il momentum è la differenza tra il prezzo di oggi ed il prezzo di un periodo precedente).

Value e Momentum sembrano uno l’antitesi dell’altra, ma sono anche, a ben guardare, due facce della stessa medaglia. Se un approccio funziona deve, logicamente, funzionare anche l’altro e viceversa. Funzionano entrambi gli approcci, ma con logiche e tempi diversi. La teoria classica ritiene che gli agenti economici siano razionali e che il prezzo rispecchi correttamente tutte le informazioni disponibili. Le variazioni (casuali) sono rumore di fondo legato all’incertezza sulle informazioni future.

Nella realtà gli agenti economici non sono affatto razionali ed i mercati sono guidati principalmente (non solo) dalla “psicologia della massa”.

I titoli che salgono per un po’ di tempo continuano a salire anche più del loro valore fondamentale per varie ragioni, non ultima perché questa è una sorta di profezia auto-avverante (molti operatori la conoscono e quindi la “rendono vera”). In ultima analisi, semplificando moltissimo, sono i sentimenti di “avidità” e “paura” che muovono i prezzi in tendenze (momentum) che generano sopra o sottovalutazioni. Ad un certo punto (e non si può sapere quando) queste tendenze s’invertono.

Quando questo accade entra in campo l’effetto “value”. I primi momenti della “tendenza” sono legati proprio al principio del valore. Una cosa palesemente sopravvalutata scende con grande forza (si dice che “i mercati salgono per le scale, ma scendono dalla finestra”), generando una tendenza, la tendenza continua fino a generare un eccesso di sottovalutazione che resta tale per un tempo non prevedibile fino a quando alcuni lo capiscono ed inizia un nuovo trend (momentum) che, molto più lentamente, porterà (probabilmente) ad un eccesso di sopravvalutazione.

Il meccanismo è sempre questo, ma la dimensione del fenomeno può variare molto. Si possono creare vere e proprie bolle seguite da spettacolari crash oppure semplici cicli meno marcati. Il fenomeno avviene su più archi temporali, ma osservandoli nel breve termine (sulla scala dei giorni) il rumore di fondo impedisce di distinguere i trend con un’affidabilità accettabile. Sulla scala delle settimane o dei mesi l’individuazione del trend genera meno errori.

 

Vantaggi e svantaggi dei due approcci.

Comprendere questo meccanismo non aiuta a fare alcuna previsione sui mercati in senso temporale. Si può dire che un titolo/settore/mercato sia sopra o sottovalutato. Ma questo non ci dice nulla circa il fatto che inverta il trend entro un certo periodo. Il trend è una questione di psicologia della massa ed è per definizione imprevedibile.

Come in tutte le cose, anche in finanza ci sono i “tifosi” del “valore” e quelli del “momentum”. La realtà è che entrambi gli approcci (che poi si declinano in decine di “sfumature”, comprese approcci contemporaneamente momentum-value) hanno vantaggi e svantaggi. La cosa importante è comprendere, in primo luogo, gli svantaggi e scegliere le strategie più adeguate alle proprie caratteristiche, anche psicologiche, oltre che alla tipologia di mercati di quel momento.

L’approccio value nella sua essenza “pura” richiede notevoli doti psicologiche. In ultima analisi significa fare il contrario di quello che fa la massa. Quando tutti vendono (e probabilmente i media enfatizzano le ragioni per le quali c’è da avere “paura”) allora si acquista e viceversa. Non è da tutti. I principali problemi dell’approccio value sono tre: 1) il mercato può trascurare il titolo/settore per molto tempo; 2) il valore può allinearsi al prezzo non per un recupero del prezzo, ma per la diminuzione del valore a causa di modifiche strutturali nell’emittente del titolo o nel settore economico (quando questo accade le perdite possono essere molto gravi) 3) è molto facile “vendere troppo presto” vanificando così una fetta importante dei potenziali profitti della strategia. I vantaggi sono facili da intuire: è l’approccio sicuramente più razionale ai mercati; implica pochi costi perché si fanno poche operazioni; ci sono minori possibilità di errori rispetto alle strategie di momentum (sebbene quest’ultimo vantaggio sia bilanciato dal fatto che quei pochi sono –in genere – molto pesanti)

Gli approcci momentum sono più facili da sostenere psicologicamente, ma implicano una notevole quantità di errori ineliminabili. Queste strategie hanno un paradosso che deve essere conosciuto per utilizzarle in modo consapevole e non abbandonarle, delusi, proprio vicino al momento in cui si riveleranno. Spesso in queste strategie il grosso della differenza di rendimento con la media del mercato si costruisce – paradossalmente – NON investendo.

Esistono due concetti di “momentum”: relativo ed assoluto. Il momentum “relativo” seleziona in un mercato (ad esempio quello “azionario”) i titoli/settori che crescono di più rispetto alla media del mercato. Il momentum “assoluto” invece osserva solo se lo strumento in sé ha un rendimento positivo o negativo ed esclude quelli che hanno un rendimento negativo. Il vero valore aggiunto (rispetto alla media del mercato) si costruisce attraverso il secondo tipo di momentum (quello assoluto) e cioè quando NON s’investe ed il mercato crolla.

Ci sono inevitabilmente diversi “falsi segnali” e questi implicano costi (in termini di piccole perdite o di minori rendimenti) che sono molto fastidiose anche perché potrebbero essere ripetitive. La “bestia nera” delle strategie momentum sono i mercati laterali che alternano a brevi salite, brevi discese senza andare in una direzione precisa.

Per loro natura, le strategie di tipo value prevedono un’operatività meno frequente. Si vende solo per due ragioni: ci si rende conto che il valore iniziale del titolo è svanito per modifiche strutturali e s’incassa la grave perdita, oppure perché il mercato è salito impiegando, in genere, anni (“i mercati salgono dalle scale e scendono dalla finestra…”). Al contrario le strategie momentum devono verificare abbastanza frequentemente la variazione del trend (ma non troppo, per evitare le trappole del “rumore di fondo” delle variazioni dei prezzi, altrimenti si esce da logiche d’investimento e si entra in logiche di trading) ed implicano quindi un buon numero di operazioni: una fetta significativa delle quali saranno ex-post, sbagliate (poco meno della metà).

La buona notizia è che tutte le strategie sensate funzionano! La cattiva notizia è che la frase di sopra è incompleta: “tutte le strategie sensate funzionano, all’interno di un ciclo finanziario completo”. Per ciclo finanziario completo intendo un periodo che va da un grande minimo al grande minimo successivo. Da valle a valle o da picco a picco (in genere si parla di 3-5 anni, ma alcuni cicli possono durare anche 10 anni). Se una strategia (sensata) è mantenuta con coerenza per tutto il ciclo è praticamente certo che porterà ottimi rendimenti (in genere migliori di quella della strategia buy&hold “compra e tieni”). Purtroppo, sono pochissimi gli investitori che seguono una strategia e di questi, la maggioranza non ha la coerenza di mantenerle nel tempo. Pochi hanno la conoscenza necessaria per sostenere le inevitabili fasi nelle quali la strategia non si sposa con la fase del mercato e genera significative frustrazioni psicologiche.

 

Conclusione

Nessuno è in grado di prevedere sistematicamente l’andamento dei mercati. Quando dico questa frase ad un primo incontro con un potenziale cliente, in genere, tutti fanno ampi gesti ed espressioni facciali di approvazione. Tutti, in fondo in fondo, si rendono conto che le previsioni sui mercati finanziari sono poco più che inganni. Alla fine, però, pochi traggono completamente le conseguenze di questa realtà e continuano a pensare che investire significhi più o meno azzeccare il titolo che sale. Con questo articolo abbiamo cercato di far intravedere un approccio diverso, basato sulle strategie d’investimento. Applicando strategie sensate, il mercato potrà salire o scendere, ma all’interno di un ciclo finanziario l’investitore avrà comunque tratto le sue soddisfazioni. Basta che la strategia sia logica abbia delle regole precise e sia portata avanti con la necessaria coerenza.

 

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