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Il mio “perché”. Cosa cerco dai mercati finanziari?

Tempo di lettura: 9 minuti

Ama e ridi se amor risponde
piangi forte se non ti sente
dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior
Fabrizio De André

 

Se dovessi isolare il singolo concetto più importante fra quelli di cui mi sono occupato negli ormai centinaia di articoli che ho scritto in merito alla finanza personale e agli investimenti nei mercati finanziari è l’importanza di definire nel modo più accurato, dettagliato e sentito possibile le ragioni per le quali quella specifica persona desidera investire nei mercati finanziari. Io lo chiamo: “il perché investi”. 

Questo concetto, che nella mia testa è estremamente pratico, concreto, determinante, appare invece nella maggior parte delle persone vago, un po’ teorico, difficile da concretizzare. 

La scorsa settimana è stato “ufficializzato” un passaggio determinante nel mio personale progetto di vita. Questo implicherà diversi cambiamenti per me e i miei cari, in particolare per Nicoletta, la metà migliore di me, cioè la meravigliosa compagna di vita che l’Assoluto mi ha donato. Implicherà anche alcuni cambiamenti lavorativi.

Ho pensato quindi di scrivere un articolo, molto personale, per condividere con i lettori “il mio perché investo”, affinché possa essere un esempio concreto di come definire con molta chiarezza questo aspetto possa riflettersi positivamente anche nelle scelte d’investimento sui mercati finanziari. 

Vorrei averlo fatto

Quest’anno compio 50 anni. Una soglia abbastanza significativa nella vita di una persona. Senti di avere ancora un bel po’ di strada da fare, ma inizi anche a guardare indietro e a domandarti se c’è qualcosa che avresti voluto fare in modo diverso. 

Esiste un meraviglioso libro che mi sento di consigliare vivamente a tutti dal titolo “Vorrei averlo fatto, di Bronnie Ware, che descrive i 5 rimpianti più comuni delle persone che sono nell’ultima fase di una malattia terminale. Sono:

  1. Vorrei aver avuto il coraggio di vivere una vita fedele ai miei principi e non quella che gli altri si aspettavano da me
  2. Vorrei non aver lavorato così tanto
  3. Vorrei avere avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti
  4. Vorrei essere rimasto in contatto con i miei amici
  5. Vorrei aver permesso a me stessa di essere più felice

Al momento, il mio personale rimpianto è quello di aver dedicato troppo tempo al lavoro, specialmente nella prima parte della mia vita, rispetto a quello che avrei voluto dedicare alle persone più care, in particolare a mio figlio Tiziano che adesso ha 18 anni.

Per questo, sicuramente la prima cosa che cerco dai mercati finanziari è produrre le risorse economiche necessarie a consentirgli di realizzare il suo desiderio di diventare ricercatore nel campo della fisica teorica, senza doversi preoccupare troppo degli aspetti economici.

Io sono perfettamente consapevole che, avendo una notevole conoscenza ed esperienza, è possibile estrarre continuativamente un reddito accettabile per una famiglia media, anche con un capitale nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro, e non dei milioni di euro (necessari invece senza l’adeguata esperienza e conoscenza), dedicando non più di un mezzo pomeriggio a settimana alla gestione degli investimenti. Non è qualcosa che può essere fatto da un comune investitore, ma è qualcosa che posso insegnare a mio figlio, in particolare attraverso l’esperienza, cioè vedendo le scelte che faccio durante le varie fasi dei mercati, in particolare dagli errori e da come si affrontano e si superano. 

 

La ricerca di senso

Il quinto rimpianto citato dalla Ware è “Vorrei aver permesso a me stessa di essere più felice”. Sembra essere formulato in modo un po’ strano… cosa significa “permettersi” di essere più felice? C’è forse qualcuno che può permettersi (o non) di essere felice? 

Uso le parole dell’autrice del libro, che condivido completamente, perché non avrei potuto scriverle in modo migliore: 

Perché la felicità è una scelta. Una scelta che cerco di fare ogni giorno. Alcuni giorni non posso, proprio come nel tuo caso. Come te, ho avuto una vita difficile, in modi diversi, ma pur sempre difficile. Ma invece di soffermarmi su quello che non va e su quanto sia dura, cerco di trovare le cose belle ogni giorno e apprezzare il momento che sto vivendo quanto più possibile. Abbiamo la libertà di scegliere su cosa concentrarci. Io provo a scegliere le cose positive (…)”.

Negli anni, la mia esperienza mi ha portato a comprendere che, almeno per il mio personale modo di essere, non solo la felicità è una scelta, ma può esistere solo se fa parte di qualcosa più grande di me. Non c’è niente che mi dia felicità se non è condivisa con altre persone, se significa qualcosa solo per me. 

Tutto quello che mi da felicità deve significare qualcosa anche per le altre persone che mi sono vicine e con le quali condivido una parte, piccola o grande, della mia esperienza su questa terra. 

Faccio un esempio sempre tratto dall’ambito dei mercati finanziari. Mi è capitato, anche recentemente, di decuplicare il capitale investito nello spazio di pochi trimestri. Questa esperienza mi ha generato felicità esclusivamente perché è stata condivisa con mia moglie e contribuisce al progetto di vita del quale scriverò tra poco. Quei soldi (così come quelli che verranno destinati a questo progetto) non li ho mai sentiti come soldi miei. 

Le oscillazioni dei mercati finanziari, naturalmente connessi con investimenti che hanno quell’incredibile potenziale, non mi hanno mai generato particolari preoccupazioni perché è denaro che ha il suo destino, il suo senso, non è qualcosa che riguarda specificamente me, riguarda qualcosa di infinitamente più grande di me. 

Certamente mi sento custode di quel denaro e avverto la responsabilità di averne cura e applicare tutta la mia diligenza nel farlo fruttare al massimo, ma sono consapevole di essere solo un piccolo tassello di un meccanismo che mi trascende di gran lunga. 

Quando sono consapevole di aver messo tutta la mia diligenza possibile, accada quel che deve accadere. 

 

Il “mio” progetto di vita

In questa fase della mia vita, il progetto che maggiormente mi riempie di senso si chiama “Borgo Tutto è Vita”.  Quando io e mia moglie ci siamo imbattuti in questo progetto, ce ne siamo immediatamente innamorati.

Si tratta di ricostruire un borgo completamente diroccato per trasformarlo in un luogo di cura per persone che vivono un’esperienza di malattia grave o un lutto. 

Il progetto è portato avanti dall’associazione “Tutto è Vita” che ha come scopo costitutivo quello di promuovere un cambiamento culturale relativo allo sguardo sulla morte e quindi sulla vita. Il progetto nasce nel 2015 ed è già a un ottimo punto, anche se si evolve continuamente e quindi c’è sempre tantissimo da fare e ci sono sempre delle novità (come quella che indicherò al termine dell’articolo).

Io e mia moglie ci trasferiremo al Borgo e io lavorerò circa due giorni a settimana dal Borgo e tre giorni andrò in ufficio in Tekta SCF come faccio adesso. 

Il Borgo in fase di ricostruzione è quello di Mezzana, nel comune di Cantagallo, a nord di Prato. Si può vedere su Google Maps ricercando “Borgo Tutto è Vita”. 

Questa è l’immagine di come era il borgo negli anni ‘50.

Questa è l’immagine di come era il terreno dopo il completamento del primo grande lavoro, ovvero il disboscamento, per iniziare a vedere le macerie.

In questo video di meno di 3 minuti, l’animatore di tutto questo progetto, Padre Guidalberto Bormolini, lo presenta brevemente preceduto da una bellissima poesia di Rumi:

In quest’altro, invece, si vedono più da vicino i luoghi come erano prima della ricostruzione con la descrizione della loro destinazione finale e il rendering di come verranno (tutti i rendering che vedete nel video sono già stati realizzati):

Oltre alla ricostruzione del borgo, esattamente com’era, verrà costruito ex-novo un “med-hospice” per ospitare persone affette da patologie considerate inguaribili nelle diverse fasi della malattia e i loro familiari e offrire un accompagnamento sanitario e spirituale non confessionale. Questo è il rendering di come sarà l’hospice.

Di tutto questo progetto, nonostante le difficoltà apportate dal Covid, sono stati realizzati quasi completamente sei edifici del vecchio borgo sui nove complessivi. 

Questo è un rendering di quattro dei sei edifici effettivamente già realizzati e di seguito metto delle immagini reali di ciò che è stato realizzato.

La Casa della Comunione, con refettorio grande e sala di meditazione, silenzio e preghiera.

La Piazza degli Angeli, per ora pavimentata a metà:

La Casa delle Arti vista dall’orto:

Quello che segue, invece, è il rendering della parte che deve ancora essere realizzata, con i tre edifici del vecchio borgo mancanti e l’hospice. 

 

Un ulteriore rilancio! 

L’ultima parte del borgo che deve essere ancora costruita, è pensata per ospitare uno dei progetti chiave del borgo che si chiama “La Casa del Grano”. Uno dei problemi degli hospice è che la presa in cura avviene solo negli ultimi giorni, mentre è fondamentale prendersi cura della persona che ha una malattia definita incurabile (mentre c’è sempre tanto di cui prendersi cura nella persona con ogni tipo di malattia!) fin dall’inizio. Solo questo può aumentare moltissimo le probabilità che la persona che vive questa esperienza possa trasformarla in un’esperienza di senso che muta le difficoltà in opportunità di crescita interiore. Questo progetto è già attivo anche se viene realizzato a Prato, precisamente a San Leonardo al Palco, sede principale dei Ricostruttori in Toscana. Le richieste però sono molto elevate e già mentre stiamo costruendo la prossima sede del progetto “La Casa del Grano” ci rendiamo conto che non sarà sufficiente per accogliere tutte le richieste. 

Esattamente sopra al Borgo in ricostruzione c’è una collina con un podere e un ampio edificio che si chiama “Torre di Mezzana” perché un tempo ospitava una torre campanaria. Chiunque arriva al Borgo e guarda in alto percepisce immediatamente che quella proprietà è l’ideale completamento di tutto il progetto. 

Adesso c’è la possibilità di acquistarlo anche se, esattamente come è stato per l’acquisto del terreno iniziale, le risorse economiche non ci sono, ma alla fine, grazie a una raccolta pubblica siamo riusciti ad acquistarlo. 

Per questo l’associazione ha aperto una nuova raccolta fondi denominata “1.000 pietre vive per il Borgo Tutto è Vita”. Giovedì scorso c’è stata una diretta su Facebook nella quale Padre Guidalberto Bormolini ha lanciato l’iniziativa: l’obiettivo è coinvolgere 1000 persone che donino 200 euro per consentirci di ampliare il Borgo con questo ultimo pezzo. 

 

Naturalmente, invito caldamente tutti coloro che in questi anni hanno apprezzato il lavoro di divulgazione che ho fatto a contribuire, come possono, a questa raccolta fondi perché so concretamente che ogni centesimo contribuito andrà solo ed esclusivamente al progetto. Sul sito del Borgo e dell’associazione ci sono tutte le indicazioni per contribuire. Esiste anche la possibilità di donare attraverso PayPal con un semplice click.

Aiutare a trasformare

Alla soglia dei miei 50 anni mi rendo conto che in tutta la mia vita ho cercato di trasformare le cose brutte in cose belle. Anche con i mercati finanziari e con il mio stesso lavoro di consulente finanziario indipendente, ho cercato di trasformare qualcosa di potenzialmente arido e dannoso, come i mercati finanziari, in qualcosa di utile e che doni un senso. Tutto il mio approccio alla consulenza finanziaria ruota attorno al concetto di utilizzare i mercati finanziari per aumentare la qualità della vita dei miei clienti, per donare maggiore serenità e gratificazione mentre il denaro è troppo spesso una fonte di stress e preoccupazione.

Anche per questo che è così fondamentale avere un chiaro e forte “perché investo”. 

Non è necessario, ovviamente, che sia un progetto così importante e ambizioso come quello del Borgo Tutto è Vita. Ma è fondamentale che sia qualcosa che veramente ci interessa ed è molto meglio se coinvolge anche altre persone, a partire dai propri cari. 

È fondamentale, soprattutto, per poter mantenere nel tempo un comportamento funzionale all’investimento, che l’obiettivo non sia semplicemente quello di veder moltiplicare il proprio patrimonio. Se l’unico obiettivo per il quale si investe è vedere fare soldi dai soldi è quasi certo che che accadano una di queste due cose: 1) l’investitore sarà deluso e frustrato con molti rimpianti per cose che ha fatto o non fatto 2) se l’investimento è andato bene la gratificazione sarà di brevissima durata e l’investitore cercherà immediatamente nuove gratificazioni che metteranno a rischio il guadagno appena ottenuto.

Se invece abbiamo dei reali obiettivi d’investimento, il nostro comportamento durante l’investimento sarà molto più funzionale, vivremo l’investimento con molta più serenità, infine, una volta raggiunto l’obiettivo, la gratificazione sarà più completa, duratura e soddisfacente.

Comprendo benissimo che non sia facile identificare i propri reali obiettivi d’investimento. È una vita che aiuto le persone a farlo e so bene quanto sia difficile, serve tempo, essere pazienti con noi stessi ma ne vale decisamente la pena. Per chi desidera approfondire il tema, ho scritto un articolo dal titolo: “Il Tao del Denaro: dai Valori agli Obiettivi”. 

Spesso il denaro viene chiamato “lo sterco del diavolo”, ma – come per una malattia grave o per la morte – tutto dipende dalla prospettiva con la quale si guardano le cose. Il denaro può effettivamente essere qualcosa di diabolico o avere un potenziale poetico, divino, dipende da come lo utilizziamo. Ogni volta che sento qualcuno dire che il denaro è lo sterco del diavolo, mi vengono in mente i versi del grande De André con il quale ho deciso di aprire e chiudere questo articolo… “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

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