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Decision Making Strategico e Investimenti Finanziari

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Tempo di lettura: 4 minuti

In questo articolo intendo delineare le fondamenta su cui si basano le strategie d’investimento che propongo ai miei clienti, con particolare enfasi sul servizio più evoluto denominato “Progetto di Vita”. 

La finanza è un campo specifico di applicazione delle teorie su come si prendono le decisioni, ma i concetti da applicare non sono molto diversi da quelli utilizzati per affrontare qualsiasi altra decisione nella nostra vita, dalle più significative alle più banali. Ad esempio: cambiare lavoro per cercare di realizzare i miei progetti, oppure preferire la sicurezza dell’attuale posto di lavoro, anche se sento che le mie potenzialità sono frustrate? Concedermi la vacanza dei miei sogni, intaccando pesantemente le riserve, o fare una scelta più moderata? Seguire l’approccio più tradizionale per curare un problema di salute, oppure l’approccio innovativo appena presentatomi? Fare ulteriori tentativi per cercare di risolvere le incomprensioni con il mio socio, oppure è il momento di dividere le strade? Tutte queste sono decisioni la cui natura profonda non è così diversa dalla domanda centrale quando si costruisce un portafoglio finanziario: puntare sulla possibilità di guadagnare molto di più nel lungo termine, ma in modo decisamente incerto, oppure mantenere nell’immediato il potere d’acquisto dei risparmi, rinunciando però alla possibilità di farli crescere nel lungo periodo?

Ho dedicato ormai metà della mia vita ad approfondire quasi tutto quello che varie discipline – filosofia, antropologia, logica matematica, psicologia – hanno avuto da dire, nei secoli, su come l’uomo prende, o dovrebbe prendere, le decisioni. In passato ho affrontato l’argomento in modo più teorico in un articolo revisionato dal prof. Bruno Chiandotto, dove approfondivo le motivazioni per cui, dal punto di vista teorico, le tecniche tradizionali di costruzione dei portafogli finanziari sono logicamente infondate, in quanto applicano metodologie appropriate in altri ambiti, ma non per decisioni in condizioni di incertezza.

Questo articolo, invece, si ispira a una lezione del prof. Stefano Bartoli, all’interno del Master in Problem Solving Strategico che sto seguendo al Centro di Terapia Strategica di Arezzo, fondato da Paul Watzlawick e Giorgio Nardone per far evolvere il modello del Mental Research Institute, noto come “Scuola di Palo Alto”, rendendolo più efficace e adattabile alle diverse culture. Il prof. Bartoli è il direttore del centro, nonché allievo e principale discepolo di Nardone.

La logica della decisione

La logica è quel tassello che collega la parte teorica a quella pratica. Le tecniche di decision making comunemente insegnate, come l’analisi SWOT o le matrici decisionali, derivano da logiche lineari di tipo aristotelico e non colgono il cuore del problema, perché le logiche che governano le decisioni non sono di tipo lineare. Queste tecniche mirano a rendere il tema da decidere più chiaro e semplice sul piano logico-razionale, ma gli esseri umani non sono automi calcolatori. Anche in attività razionali come gli scacchi, l’emozione gioca un ruolo decisivo. Spesso la logica suggerisce una certa decisione, ma la “pancia” ci fa propendere per l’opposto. Quindi, prima di qualsiasi tecnica, è fondamentale analizzare il funzionamento, cioè la logica, della decisione stessa.

L’elemento chiave di ogni decisione sono le conseguenze, che possono essere più o meno significative, irreversibili, incerte. Qualsiasi tecnica di decision making si scelga, le conseguenze riguardano il futuro, che per definizione non è conoscibile. L’individuo creerà una rappresentazione delle conseguenze nel suo spazio di percezione, e tali percezioni (che possono differire dalle effettive conseguenze future) genereranno emozioni. Le due emozioni di base che entrano in gioco quando dobbiamo decidere qualsiasi cosa sono la paura e il piacere.

Quando un essere umano deve prendere una decisione, la prima domanda che si pone (più o meno consapevolmente) è sempre: sono in grado di fronteggiare le potenziali conseguenze negative? Se c’è la percezione che tali conseguenze non siano sopportabili, avviene il blocco decisionale o una scelta opposta a quella percepita come pericolosa. Quindi, qualsiasi tecnica di decision making deve lavorare sulla percezione del soggetto, non solo sul calcolo e la cognizione. Acquisire informazioni, fare scenari, calcolare le conseguenze sono aspetti imprescindibili, ma non sufficienti. È fondamentale ristrutturare la percezione del soggetto, rendendogli le potenziali conseguenze più accettabili o piacevoli.

 

Approccio strategico alle decisioni in finanza

In finanza, il rendimento è proporzionale alla capacità di assumere decisioni critiche, ovvero con conseguenze irreversibili o troppo onerose da cambiare, e decisioni difficili,  definite tali quando si sa quale sia la scelta giusta, ma ci sono anche effetti indesiderati. Spesso in finanza abbiamo decisioni di questo tipo.

Ad esempio, acquistare a prezzi molto bassi quando tutti tendono a vendere un certo mercato è una decisione con potenziale di rendimento molto elevato, ma difficile da assumere perché psicologicamente costa molto andare contro la massa.

Un altro esempio è la strategia, presentata in un mio precedente articolo, per guadagnare ordini di grandezza superiori a un normale investimento azionario, sfruttando la probabile bolla nascente dell’intelligenza artificiale. I commenti comuni ricevuti sono che questa strategia è difficile da applicare perché implica di dedicarvi una percentuale più alta di quella “confortevole” e di doverla mantenere per un periodo “troppo” lungo. Queste sono esattamente le ragioni per cui tale strategia ha un potenziale di rendimento enormemente più elevato, perché sono pochi gli investitori in grado di sostenerne i costi psicologici.

Molti investitori sanno in teoria che a maggiore “rischio” (o meglio: incertezza) corrisponde maggior potenziale di rendimento, e che più si allunga l’orizzonte temporale, più il rapporto rischio/rendimento si sposta a favore del rendimento. Quindi, sono consapevoli che la decisione “giusta” è detenere la maggior quantità possibile di azionario per il tempo più lungo possibile. Assumere (e mantenere) questa decisione, però, è difficile perché implica effetti psicologici indesiderati, come perdere la libertà di fare ciò che si vuole con i propri risparmi in ogni momento.

La soluzione è applicare strategie e stratagemmi che consentano di ristrutturare la percezione dell’investitore, in modo che possa attraversare le acque tempestose senza che la propria “nave” si spezzi, e che aver superato quella tempesta gli consentirà di raggiungere alcuni dei suoi obiettivi di vita che non avrebbe potuto raggiungere se non passando quelle turbolenze. Il lavoro di un buon consulente finanziario è principalmente questo, oltre alle competenze tecniche per selezionare gli strumenti finanziari più efficienti. Ho approfondito questi temi in una mini-serie di articoli denominata “Il Tao del denaro“.

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