Federico Rampini, corrispondente da New York per il quotidiano La Repubblica, già autore di un utile saggio dal titolo “Banchieri” è uscito, da una quindicina di giorni, con un nuovo libro che si concentra più sul sistema bancario italiano dal titolo: “Banche: possiamo ancora fidarci?”.
Per chi vive, per professione, tutti i giorni le storture del sistema bancario italiano ciò che Rampini scrive non è niente di eclatante. Il grande pregio di questo libro è quello di essere scritto da un giornalista che sa come usare “la penna” ed è edito e distribuito dal principale editore italiano, quindi si presume che verrà letto da un gran numero di persone.
Si tratta di un libro di cui ci sentiamo di consigliare caldamente la lettura. Rampini scrive sicuramente molto bene, ed ha il pregio di semplificare concetti difficili (talvolta, da tecnico, mi sento di dire che la semplificazione arriva a travisare alcuni concetti secondari, ma è un peccato che si può accettare se è il prezzo per far passare i concetti più importanti che sono tutti corretti).
C’è un bel capitolo, ad esempio, sui fondi comuni d’investimento nel quale si spiega in modo molto semplice, ma efficace, la differenza fra gestione attiva e passiva e quella che da molti anni, nel web di Aduc, chiamiamo “la favola del bravo gestore”.
Quali sono le conclusioni, assolutamente di buon senso e più che condivisibili, di Rampini alla domanda che fa da titolo al suo libro? Conclude Rampini “No, non possiamo fidarci delle banche, perché il loro bilancio si regge sull’estrazione di commissioni, tariffe e balzelli che sono prelevati dai nostri soldi. C’è una divergenza d’interessi alla base, tra noi e loro, insuperabile.
No, non dobbiamo pensare che i loro consigli d’investimento siano accurati e affidabili, soprattutto se i prodotti finanziari che ci collocano sono “fatti in casa”.
No, il bancario che sta dietro lo sportello non è generalmente una persona disonesta, tutt’altro, ma la sua preparazione economica è modesta e i consigli che ci da’ vengono impartiti dall’alto per ragioni che noi non conosciamo. […]
Quando investiamo i nostri soldi, non facciamoci aggirare da “proiezioni” di lungo termine su dove andranno i mercati. Quello non lo sa nessuno. Meglio guardare da vicino: alle commissioni, alle spese di gestione che intanto si mangiucchiano il nostro piccolo capitale.
Vale nell’economia come nella politica: le promesse irrealistiche, prima o poi le paghiamo noi, non chi le ha fatte!”
Se ascoltiamo tutti i bancari, invariabilmente, ci diranno che alla base del rapporto fra clienti e banche deve esserci la fiducia. Questa è la tesi che noi ci sentiamo di contestare da anni. Alla base del rapporto fra banche e clienti deve esserci la più completa trasparenza e la correttezza dei comportamenti.
Nel suo libro, Rampini racconta un episodio personale accaduto a sua madre anziana, la quale si è trovata nel dossier dei titoli per i quali non aveva mai firmato niente e che gli erano solo stati indicati vagamente per telefono dall’impiegata.
Questi comportamenti non sono un’eccezione, ma sono l’assoluta normalità e in Aduc vediamo tutti i giorni episodi del genere.
Proprio poche ore fa, per citare l’ultima notizia che mi è giunta, mi ha telefonato un collega che mi riferiva di un suo cliente il quale doveva rinnovare un finanziamento vecchio stipulato a tassi non più di mercato. Ebbene, la banca gli ha posto la condizione, a mo’ di ricatto, di acquistare obbligazioni collocate dalla stessa banca per un importo pari al 70% del valore del finanziamento, fra l’altro emesse in dollari! Altro che fiducia!
La realtà è che l’intero sistema bancario, da ormai moltissimi anni, approfitta dell’ignoranza dei clienti per tosare i risparmi che essi affidano loro attraverso prodotti e servizi progettati appositamente per fare l’interesse degli emittenti a scapito di quelli dei sottoscrittori. La piccola fetta di clienti “fortunati” che s’informano, possono sfuggire alle trappole del sistema, ma la quasi totalità, purtroppo, rimarrà sempre raggirata. Almeno fino a quando le norme a tutela del risparmio rimarranno queste, bellissime sulla carta, ma rimangono – appunto – solo sulla carta e non incidono (se non in maniera trascurabile) nei comportamenti reali degli intermediari e dei loro clienti.