Più volte abbiamo ribadito l’importanza di avere una o più strategie per scegliere cosa comprare/vendere, quando ed in quale quantità.
Non esistono strategie migliori di altre, esistono solo strategie più adatte alla propria personalità.
In questo articolo desideriamo soffermarci su un aspetto spesso sottovalutato.
Quando andiamo a scegliere una strategia d’investimento, qual è l’aspetto che desideriamo maggiormente ottimizzare?
La risposta può apparire scontata: “è ovvio che una strategia d’investimento deve massimizzare il rendimento dell’investimento”. Basandomi sulla mia esperienza diretta (circa vent’anni di studio dei mercati finanziari a diretto contatto con gli investitori di tutti i tipi), per quanto il rendimento sia importante, posso testimoniare che non è la prima cosa che un investitore medio guarda.
In genere gli investitori desiderano prima di tutto non perdere i soldi investiti. Solo in seconda battuta puntano al maggior rendimento possibile, ma solo all’interno delle opzioni che rispettano il vincolo precedente, ovvero non perdere soldi.
Fin qui, niente di particolarmente strano. Anche la volontà di non perdere soldi è scontata almeno quanto la volontà di massimizzare il rendimento. La questione, però, si fa meno scontata nel momento in cui cerchiamo di andare più in profondità nel concetto di “non perdere soldi”: cosa significa esattamente? Se prendiamo l’espressione alla lettera dobbiamo escludere praticamente la quasi totalità degli investimenti finanziari. Ogni investimento finanziario implica qualche forma di rischio di perdere soldi. In finanza, purtroppo, dobbiamo sempre lavorare con lo scivoloso concetto di “probabilità”.
Pochi giorni fa abbiamo pubblicato un lungo articolo sui rendimenti ed i rischi degli investimenti azionari. I dati sono molto chiari: investire in azioni, mediamente, rende molto di più che investire in obbligazioni (a breve ed a lunga scadenza), in materie prime (come l’oro) e – naturalmente – in liquidità. Tutta la questione sta in quella parolina fastidiosissima: “mediamente”.
Nel “mediamente” ci sono gli anni in cui i rendimenti sono negativi (ovvero disinvestendo si otterrebbero delle perdine) e gli anni in cui ci sono guadagni.
Gli anni in cui i rendimenti sono negativi non sono delle eccezioni trascurabili. In alcuni periodi storici (come gli ultimi 20 anni) mantenendo l’investimento azionario per 5 anni di fila, in un caso su due avremmo perso soldi!
Analizzando periodi più lunghi, non gestendo l’investimento attraverso una qualche forma di strategia, le probabilità di avere rendimenti negativi anche nel lungo termine (cioè in un periodo di 10 anni) sono comunque significative, nell’ordine di una probabilità su quattro!
Il compito principale di una strategia d’investimento, almeno per la grande maggioranza degli investitori, è quello di ridurre questo parametro, ovvero le probabilità di avere rendimenti negativi in archi temporali ragionevolmente ampi (5/10 anni).
Se si desidera puntare ai rendimenti attesi dei mercati azionari (sensibilmente superiori alle altre forme d’investimento finanziario) è necessario accettare il fatto che un anno si possa avere un rendimento negativo. Ciò è assolutamente ineliminabile. Non esiste alcuna strategia d’investimento che possa ridurre a zero la possibilità di avere rendimenti negativi nell’arco di un anno.
In genere, gli investitori, non hanno alcun problema ad accettare questa possibilità. Ciò che invece trovano inaccettabile è investire per un congruo periodo di tempo ed avere un capitale inferiore dopo 5 o perfino 10 anni.
Su queste scadenze, le strategie d’investimento possono fare la differenza. Nell’arco di 5 anni possono ridurre le probabilità di avere rendimenti negativi fino a dimezzarle. Sulle scadenze di 10 anni, le probabilità di avere rendimenti negativi, applicando strategie corrette, sulla base dei dati storici di svariati decenni, si riducono a zero (ovviamente non esiste nessuna garanzia che i prossimi anni non siano diversi da ciò che è già accaduto nella storia).
Su cosa si basano queste strategie? In primo luogo, ogni strategia rivolta ad investitori non esperti dovrebbe ridurre al massimo tutti i rischi ed i costi eliminabili. Quindi non investire in singoli titoli, ma sempre in panieri di titoli che eliminino i così detti rischi specifici (ovvero il rischio che la singola azienda fallisca o attraversi particolari momenti di criticità).
Inoltre eliminare i costi inutili è fondamentale poiché in un periodo di 10 anni, i costi possono ridurre il capitale atteso a scadenza di circa un quinto! Si tratta di una differenza enorme che tende a raddoppiare la probabilità di avere rendimenti negativi sui 10 anni.
Dato per scontato, quindi, che gli strumenti azionari utilizzati siano efficienti, le strategie per ridurre il rischio così detto “sistematico” dell’azionario si basano, in genere, su uno di questi due concetti (qualche strategia li utilizza entrambi):
1 – evitare di essere investiti quando i mercati azionari subiscono grandi oscillazioni negative, cioè superiori al 25%;
2 – incrementare il capitale investito durante le fasi di oscillazioni negative.
Sono due strategie tendenzialmente opposte che possono però anche fondersi.
La prima strategia – in genere – si attua attraverso l’uso di indicatori di momentum, nella maggioranza dei casi medie mobili.
Gli studi hanno dimostrato che per ridurre i molti falsi segnali di questi indicatori è utile utilizzare dati mensili. Alcune strategie più evolute, partendo dalla considerazione che le grandi oscillazioni negative dei mercati azionari coincidono sempre con periodi di recessione economica, uniscono indicatori di momentum sui prezzi ad indicatori di tipo macroeconomico per filtrare i dati che giungono dalle medie mobili con i dati che stimano la probabilità di entrare in recessione economica nei prossimi mesi.
Evitare le grandi perdite nell’azionario è possibile, ma ovviamente ha un costo: quello di uscire e vedere il mercato riprendersi, dovendo rientrare a prezzi superiori. E’ normale che questo accada, ma il vantaggio di non stare sul mercato durante i crolli compensa abbondantemente questo costo.
L’altro gruppo di strategie implica investire nell’azionario una parte più piccola di quella che valutiamo adeguata per il proprio profilo d’investitore ed aumentare l’investimento quando i mercati crollano. E’ evidente che anche questa strategia implica un “costo” anche se indiretto: investire poco in azioni per molto tempo se questo “crollo” non arriva nel periodo d’investimento considerato.
Naturalmente non esiste la strategia “migliore” in assoluto, esiste quella più adatta alla propria personalità, cioè quella che è più probabile che venga poi applicata nei momenti in cui giungono i segnali di vendere oppure di acquistare.
Ciò che conta, quindi, è comprendere bene la strategia che s’intende applicare.
E’ importante che sia ragionevolmente semplice e molto ben testata sia su dati storici che simulati.
infine è auspicabile che sia basata su ricerche accademiche pubblicate su riviste scientifiche affidabili (cioè che applichino la così detta “peer review”, revisione paritaria).
Appare tutto troppo complicato? L’alternativa all’utilizzo di strategie d’investimento è quello che fa la quasi totalità degli investitori: investire in modo inconsapevole sulla base di consigli interessati dei vari venditori della finanza. L’esperienza dimostra che sono molte più le delusioni che le soddisfazioni.
E’ importante che gli investitori entrino nell’ordine delle idee che oggi investire richiede necessariamente un po’ di competenza.