Questo è il quarto articolo di una serie che ho deciso di scrivere nel 2023 avente come tema: “Capire l’Intelligenza Artificiale Per Investirci” (CLIAPI).
Il primo articolo l’ho scritto a gennaio di quest’anno e ho cercato di porre le basi per comprendere il tema. Nel secondo articolo ho trattato argomenti di natura più tecnico-finanziaria mentre nel terzo articolo, scritto il 14 febbraio, ho voluto affrontare Palantir, un caso di un’azienda molto fraintesa che ha tutto il potenziale per diventare un leader nell’intelligenza artificiale.
Ho fatto passare un po’ di mesi per continuare la serie anche perché l’odore della formazione dell’ennesima “bolla speculativa” si sta facendo forte, sebbene avrà ancora tanto tempo per gonfiarsi. In questi mesi si è scritto e detto di tutto sull’intelligenza artificiale e più si dibatte e più sembra regnare la confusione. Si stanno polarizzando due fazioni: quelli che la considerano pericolosa e da fermare e quelli che la considerano il più grande avanzamento tecnologico dell’umanità.
Personalmente ritengo che solo chi ha una visione superficiale del tema non comprenda che l’intelligenza artificiale porti con sé effettivamente anche molti pericoli seri e gravi. Al tempo stesso ritengo che adesso che il “genio è uscito dalla lampada” non è più possibile ricacciarlo dentro. Quindi, l’unica cosa saggia da fare è tentare di essere fra coloro che utilizzano questa tecnologia nel miglior modo possibile. Non c’è la benché minima possibilità che l’umanità interrompa l’utilizzo di questi strumenti. Tutto quello che si può tentare di fare è creare al più presto la maggiore consapevolezza possibile sulla natura e sul corretto utilizzo di questi strumenti. Sicuramente i mezzi di comunicazione, in questo periodo, non stanno contribuendo a perseguire questa strada.
In questo quarto articolo della serie CLIAPI desidero spiegare come l’intelligenza artificiale possa essere utilmente utilizzata da un investitore per migliorare quella che – con uno slogan – mi piace definire Intelligenza Finanziaria.
Che cos’è l’intelligenza?
Nel mondo accademico, esistono almeno otto diverse concezioni d’intelligenza. Per questo non esiste una definizione univoca: ogni definizione risente dell’orientamento di pensiero di chi la formula.
Trattandosi di un articolo divulgativo non è il caso di approfondire ciascuna di queste concezioni, le riportiamo in nota (1) con i principali autori per chi volesse fare delle ricerche personali.
È importante però sottolineare che, a oggi, gli studiosi della materia non sono concordi nel definire cosa sia esattamente l’intelligenza. Tutte le volte che leggiamo o ascoltiamo questo termine, dovremmo cercare di specificare a quale tipo di intelligenza si riferisce chi utilizza quel termine, onde averne una comprensione accurata. Il famoso psicologo e filosofo italiano, Umberto Galimberti, propone nella sua opera monumentale “Nuovo Dizionario di Psicologia” di suddividere le varie definizioni del termine intelligenza in tre categorie:
1) Le definizioni generali dove l’intelligenza è vista come quel processo che consente di risolvere nuovi problemi che implicano una ristrutturazione del rapporto di adattamento con l’ambiente.
2) Le definizioni specifiche che considerano l’intelligenza come un insieme di processi mentali tipicamente umane che investono il ragionamento logico, la capacità di formulare valutazioni, la capacità di perseguire uno scopo anche a lungo termine scegliendo i mezzi appropriati, la capacità di autocorrezione e autocritica.
3) Le definizioni operative nate dalla difficoltà di approdare a una definizione univoca di intelligenza, per cui si preferisce sottoporre alcuni aspetti a determinati test la cui soluzione definisce di volta in volta il comportamento intelligente.
Paradossalmente è possibile che nei prossimi anni, con il progredire degli studi sull’intelligenza artificiale, si riesca a definire meglio anche cosa sia l’intelligenza in generale e a sciogliere il nodo fondamentale che sta dietro a questo problema, ovvero la natura della coscienza: epifenomeno del cervello o struttura fondamentale dell’universo?
Tornando a cosa sia l’intelligenza, al momento possiamo dire che nel linguaggio comune il termine è utilizzato in modo molto ambiguo. Anche per questo il termine “intelligenza artificiale” è stata una grande trovata di marketing (2) che ha avuto così successo, proprio perché si appoggiava al termine “intelligenza”, che può essere declinato in molti modi.
Spesso, al termine “intelligenza” si associa un aggettivo allo scopo di delimitare un particolare ambito applicativo.
Già nel 1983, lo psicologo Howard Gardner, propose l’esistenza di 12 forme di intelligenza: 1) linguistica, 2) logico-matematica, 3) spaziale, 4) musicale, 5) corporeo-cinestetica, 6) intrapersonale, 7) interpersonale, 8) naturalistica, 9) emotiva, 10) esistenziale, 11) creativa e infine 12 ) collaborativa.
Questa teoria è stata molto criticata poiché, di fatto, usa il termine intelligenza per indicare delle abilità, ma dimostra chiaramente che l’uso del termine intelligenza è molto variegato ed è necessario prenderne atto.
Alla fine degli anni ‘90 del secolo scorso, lo psicologo e scrittore Daniel Goleman uscì con un libro che divenne un bestseller mondiale dal titolo “Intelligenza emotiva”. Questo libro ha influenzato per molti anni un numero vastissimo di autori. Ancora oggi il concetto di intelligenza emotiva è ampiamente utilizzato almeno nell’ambito dello sviluppo personale.
Che cos’è l’intelligenza finanziaria?
Esattamente come è stato all’inizio con il termine Intelligenza Artificiale (2), il termine Intelligenza Finanziaria non è altro che uno slogan di marketing.
In genere è utilizzato da qualche “fuffa-guru” che vende corsi di formazione nell’ambito della finanza personale.
Si può cercare di fare un utilizzo serio del termine ricollegandosi a quella categoria di definizioni dell’intelligenza che il prof. Umberto Galimberti chiama “definizioni specifiche”. In questo senso, con l’espressione intelligenza finanziaria ci si può riferire a un complesso di abilità cognitive che consentono di utilizzare il denaro in modo funzionale per raggiungere i propri obiettivi di vita.
Però è intellettualmente onesto chiarire che non esistono riferimenti accademici per questo termine. Un po’ mi fanno sorridere (ed un po’ tristezza) i venditori di corsi di finanza che pontificano circa l’esatta definizione di questo termine come se fosse scienza infusa.
Esiste, invece, un filone di ricerca molto prolifico che viene definito finanza comportamentale e che annovera fra i suoi cultori svariati Premi Nobel per l’economia, come Robert J. Shiller (2013, per i suoi studi sull’efficienza dei mercati finanziari e sul ruolo delle aspettative, delle emozioni e delle convinzioni sociali nella formazione delle bolle speculative e dei crolli dei prezzi) e Daniel Kahneman (2002, per aver integrato gli aspetti psicologici nella teoria economica, in particolare per aver sviluppato la c.d. “teoria del prospetto”, che spiega come le persone valutino le probabilità e le conseguenze delle proprie scelte).
Per aumentare la propria intelligenza finanziaria è fondamentale conoscere e applicare le nozioni della finanza comportamentale, fino a sviluppare degli “abiti mentali” funzionali. Nei momenti più significativi dei mercati finanziari domina sempre l’incertezza. Non sono le valutazioni tecniche che fanno la differenza, sono proprio questi “abiti mentali” che conducono l’investitore a fare scelte finanziarie utili a realizzare i suoi progetti di vita.
La finanza comportamentale sarà il tema specifico del prossimo articolo, ma anche di un webinar organizzato da Ascofind, l’associazione che raggruppa le società di consulenza finanziaria indipendente, programmato per il 7 Giugno nel quale, fra l’altro, annuncerò un importante progetto nell’ambito dell’intelligenza artificiale applicata alla finanza.
Il webinar ha per titolo: “Psicologia e finanza: trucchi per strategie sostenibili” ed è inserito in un ciclo di tre webinar sulle varie sfaccettature della costruzione dei cosiddetti “Portafogli Pigri” (più conosciuti in inglese come Lazy Portfolios). Il primo webinar si terrà proprio domani 24 maggio alle 18:30 e io sarò presente non come relatore, ma come partecipante del dibattito che segue la relazione. Invito caldamente i lettori interessati a partecipare facendo, se lo vorranno, domande – anche al sottoscritto – su questo tema.
Come usare l’intelligenza artificiale in finanza?
Dal 30 Novembre 2022, data di lancio di ChatGPT, il termine intelligenza artificiale viene associato quasi esclusivamente alle reti neurali che generano contenuti testuali, visivi o auditivi.
Anche in questo articolo, per semplicità, ci riferiamo alle reti neurali generative con il termine intelligenza artificiale. È utile sapere, però, che l’intelligenza artificiale è un campo molto più vasto e in futuro le varie evoluzioni si influenzeranno per sviluppare tecnologie sempre più potenti (utili e pericolose al tempo stesso).
L’aspetto dirompente di ChatGPT (e tutti gli altri modelli che si sono susseguiti) è che per la prima volta l’umanità dispone di macchine che riescono a padroneggiare incredibilmente bene la sintassi del linguaggio umano pur non avendo la benché minima comprensione del significato delle parole che utilizzano. Gli esseri umani hanno bisogno di tempo per abituarsi a questa novità perché per millenni noi siamo stati abituati a dare per scontato che chi padroneggia la sintassi del linguaggio (cioè mette le parole nell’ordine giusto) deve necessariamente comprendere anche il significato delle parole che mette in ordine.
Il 6 gennaio 1896, al Salon Indien du Grand Café di Boulevard des Capucines a Parigi, i fratelli Auguste e Louis Lumière, che inventarono il proiettore cinematografico, proiettarono il famoso filmato del treno in partenza. Si narra (anche se pare che la storia sia stata poi ridimensionata) che una parte del pubblico fuggi per timore che il treno potesse arrivare fra il pubblico.
Era la prima volta che il pubblico vedeva degli oggetti apparentemente in movimento senza che vi fosse un reale movimento. Ci siamo abituati facilmente a questo “inganno” perché i nostri sensi percepiscono segnali contraddittori ed il cervello ristruttura il complesso delle percezioni in una nuova categoria di esperienza.
Con questi nuovi modelli generativi di linguaggio, la cosa è più difficile perché non abbiamo alcuna percezione contraddittoria che ci aiuta a ristrutturare l’esperienza nella giusta collocazione.
Gli esseri umani che utilizzano queste tecnologie rimangono ancora con la fortissima sensazione che il computer deve aver compreso quello che gli abbiamo chiesto e – ancora di più – che deve comprendere il significato della risposta che ha generato.
Questo accade perché per millenni l’uomo non è mai riuscito a scindere la sintassi dalla semantica.
Se leggiamo un testo di una certa complessità diamo per scontato che colui che l’ha prodotto conosce il significato di quelle parole e che dietro a quel testo c’è la volontà di comunicare dei significati.
Gli esseri umani hanno bisogno di tempo per abituarsi all’idea che queste macchine non conoscono il significato di ciò che scrivono e che generano le parole su base statistica. Un rischio forte di questa tecnologia deriva proprio dal fatto che gli utilizzatori, invece di farne un uso responsabile, cioè svolgendo sempre la verifica attraverso l’intelligenza umana, tendano a prendere per buona la risposta pur sapendo (solo a livello mentale) che è generata su base probabilistica.
A breve (molto a breve) ChatGPT, e altri motori simili, saranno integrati in servizi specialistici che forniranno risposte partendo da testi selezionati in campi del sapere più specifici. I siti internet verranno gradualmente sostituiti da intelligenze conversazionali che forniranno risposte più accurate di quelle che può fornire ChatGPT, un servizio generalista. Questo ridurrà la probabilità di dare risposte errate, ma la probabilità non sarà mai vicina allo zero.
Man mano che queste tecnologie si diffondono, sarà fondamentale che gli utilizzatori comprendano che il ruolo delle intelligenze artificiali non è quello di fornire un “prodotto finito”.
Se vogliamo usare queste tecnologie per ottenere un “prodotto finito” stiamo semplicemente cercando di tagliarsi le unghie con un bisturi affilatissimo: non è colpa del bisturi se ci facciamo male.
Ciò che oggi l’intelligenza artificiale può fare molto bene è creare un “pre-lavorato” in tempi estremamente rapidi.
Trasformare il “pre-lavorato” in “prodotto finito” è compito dell’intelligenza umana.
L’intelligenza artificiale può aiutare un investitore a velocizzare la comprensione di alcuni concetti, genericamente a ottenere informazioni. Rispetto a una ricerca su internet, in molte occasioni, attraverso ChatGPT ci si può fare molto più velocemente un quadro d’insieme dei contenuti che vogliamo conoscere.
Poi però, ottenuto questo quadro d’insieme, è sempre necessario fare l’ultimo pezzo del lavoro: la verifica! Specialmente dei dati puntuali che non di rado vengono generati in modo errato.
Come ho già scritto, il 7 Giugno prossimo, alle ore 18:30, terrò un webinar all’interno del quale farò un annuncio relativo a un servizio di intelligenza artificiale applicato alla finanza personale che si fonda proprio su questo concetto. Da una parte realizza un “prelavorato” migliore, nello specifico campo della finanza personale, rispetto ai servizi generalisti, dall’altra rende la verifica umana molto più semplice.
Consiglio tutti coloro che sono interessati a sperimentare un servizio del genere a iscriversi al webinar perché per un periodo di tempo il servizio sarà in fase di sperimentazione e potrà essere utilizzato solo da coloro che seguiranno in diretta il webinar. Gli altri potranno iscriversi nella lista di attesa che verrà sbloccata gradualmente in base al numero di persone che si registreranno e all’evoluzione delle tecnologie che stiamo utilizzando.
Note:
1. Di seguito elenchiamo le 8 principali concezioni dell’intelligenza con gli autori che maggiormente hanno contribuito a definire tali concezioni. Chi volesse approfondire in proprio, partendo da questi autori potrà farlo. E’ sicuramente un lavoro estremamente interessante per comprendere in profondità la complessità del concetto di intelligenza.
a) La concezione elementarista e associazionista di Wilhelm Maximilian Wundt
b) La concezione della scuola di Wüzburg, in particolare con il contributo di Oswald Külpe
c) La concezione della psicologia della Gestalt, con i contributi di Kurt Koffka e Max Werthemer
d) La concezione del comportamentismo con il contributo di John Broadus Watson ed in neocomporamentisti Walter Samuel Hunter e Edward Chace Tolman
e) La concezione della teoria dell’informazione con il contributo di Robert Mills Gagné
f) La concezione dell’analisi fattoriale con il contributo di Raymond Bernard Cattell
g) La concezione cognitivista che prende le mosse Jean Piaget e si sviluppa da Robert Sternberg e Howard Gardner
h) La concezione psicoanalitica che prende, ovviamente, le mosse da Sigmund Freud, ripresa da Jacques Lucan e articolata – anche in senso critico – da molti altri come Heinz Hartmann
2. Il termine intelligenza artificiale è attribuito a John McCarthy che lo utilizzò per la prima volta circa 70 anni fa in un documento preparatorio di quella che è passata alla storia dell’informatica come Conferenza di Dartmouth. Il termine fu coniato essenziale a scopo di “Marketing” con l’intento di attrarre fondi di ricerca a questo nuovo settore dell’informatica.